Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 15 settembre 2022, n. 7987

Presidente: Poli - Estensore: D'Angelo

FATTO E DIRITTO

1. La società Poli & Poli a r.l. è proprietaria di un terreno della superficie di 3.000 mq in località Poggio Fiorito nel comune di Guidonia Montecelio (censito al catasto al foglio 4 particella 371 sub 515, 516, 518, 519), ricompreso in più vasto comprensorio di carattere industriale interessato da una variante al PRG per il recupero di nuclei edilizi abusivi.

1.1. In particolare, la variante n. 5A è stata adottata nel 1985, ai sensi della legge regionale n. 28/1980, ed approvata dalla Regione Lazio con delibera della Giunta n. 6697 del 1° agosto 1991. Dalla stessa variante, che inizialmente riguardava un'area di 129.683 mq (di cui 62.000 mq circa già interessati da edificazioni ed urbanizzazioni), è stata stralciata in sede di approvazione un'area non edificata disciplinata come zona D in quanto rientrante comunque all'interno di un comparto soggetto a completamento.

1.2. Relativamente al citato terreno, derivante dal frazionamento di un più vasto lotto di 14.000 mq, sono stati poi presentati dai diversi proprietari succedutisi nel tempo alcune richieste di titoli edilizi a cui sono seguiti:

- il rilascio nel 2004 di un permesso di costruire in sanatoria, ai sensi della l. n. 47/1985 (in esito ad una domanda di condono presentata nel 1986 dalla società Sirti per regolarizzazione di una "tettoia" per deposito autovetture);

- il permesso di costruire n. 325 del 13 luglio 2005 (per la demolizione della predetta struttura e la ricostruzione di un fabbricato industriale);

- il permesso in variante n. 408 del 10 luglio 2007 (su richiesta dei nuovi proprietari, prima la società WDS e poi la società Locat);

- la DIA n. 62799 dell'8 agosto 2007 (relativa alla costruzione di un edificio industriale e artigianale);

- il provvedimento comunale n. 26662 del 1° aprile 2008 di annullamento dei suddetti titoli da parte del Comune, in ragione dell'aumento della cubatura prevista dalla variante urbanistica 5A;

- il provvedimento del Comune n. 245 del 12 agosto 2008 di annullamento in autotutela della precedente determina n. 26662/2008;

- il provvedimento comunale n. 77632 del 7 ottobre 2010 di proroga dei termini di ultimazione dei lavori;

- il permesso di costruire in variante n. 168/2012 del 15 maggio 2012 rilasciato alla nuova proprietaria (Poli & Poli) relativo al permesso di costruire n. 408/2007 e alla successiva DIA dell'8 agosto 2007.

2. Ciò premesso, contro quest'ultimo permesso di costruire in variante e i titoli edilizi precedenti, la signora Marina M., in qualità di proprietaria di un lotto confinante, ha proposto ricorso principale (allibrato al n.r.g. 6463 del 2012) e due ricorsi per aggiunzione, al T.A.R. per il Lazio, deducendo, essenzialmente la contrarietà degli stessi titoli alle previsioni del piano di recupero di cui alla variante 5A al PRG.

2.1. Con ordinanza cautelare n. 3097 del 1° settembre 2012 il T.A.R. ha disposto la sospensione di tutti gli atti impugnati, misura confermata anche dall'ordinanza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato n. 4926 del 19 dicembre 2012.

2.2. Successivamente, il Comune con ordinanza dirigenziale n. 25 del 22 gennaio 2013 ha revocato in autotutela il premesso di costruire n. 168/2012, oggetto della sospensione cautelare, ed ha avviato il procedimento per il rilascio di un nuovo titolo edilizio, poi effettivamente assentito (n. 49/2013).

2.3. Anche quest'ultimo permesso di costruire, impugnato con i secondi motivi aggiunti, è stato sospeso dal T.A.R. con ordinanza cautelare n. 1491 del 5 aprile 2013.

2.4. Lo stesso Tribunale, con ordinanza n. 9535 dell'11 novembre 2013, ha poi disposto una c.t.u. in ordine alla capacità edificatoria del lotto e alla situazione degli standard.

3. Con la sentenza indicata in epigrafe (n. 12504 del 2014), dopo aver respinto le eccezioni delle parti intimate di irricevibilità per tardività del ricorso relativamente agli originari titoli edilizi ed ai connessi provvedimenti dell'Amministrazione (capo non impugnato), il T.A.R. di Roma ha:

- ha accolto il primo, il quarto e il quinto motivo posto a sostegno del ricorso principale e del secondo ricorso per aggiunzione;

- ha assorbito l'esame degli ulteriori motivi;

- ha dichiarato improcedibile l'impugnativa del permesso di costruire n. 168 del 16 maggio 2012 (capo non impugnato);

- ha respinto la domanda di condanna degli intimati a titolo di responsabilità aggravata ex artt. 96 c.p.c. e 26 c.p.a. (capo non impugnato);

- ha condannato in solido il Comune e la ditta Poli & Poli al pagamento delle spese di lite (euro 4.000,00) in favore della signora M. e del compenso al c.t.u. (euro 5.000 oltre gli accessori).

4. Contro la suddetta sentenza (ad esclusione dei capi relativi all'irricevibilità del ricorso e alla improcedibilità riguardo al permesso n. 168/2012) ha proposto appello la società Poli & Poli mediante due autonomi mezzi di gravame (estesi da pagina 8 a pagina 25), contestando tutte le statuizioni di merito sfavorevoli.

5. La signora M. si è costituita in giudizio in data 27 luglio 2015, chiedendo il rigetto dell'appello.

6. Con ordinanza presidenziale n. 2109 del 29 novembre 2021 sono stati sollecitati elementi informativi a carico delle parti, cui hanno fatto seguito la manifestazione di interesse alla definizione del giudizio sia da parte della ditta appellante (in data 10 gennaio 2022), che della signora M. (in data 23 febbraio 2022).

7. Quest'ultima si è poi costituita il 2 marzo 2022 con un ulteriore difensore, l'avvocato Andrea Di Leo.

8. Le parti hanno depositato memorie difensive e in replica, rispettivamente:

a) in data 14 aprile 2022 l'appellante (che ha eccepito l'inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza dell'interesse ad agire);

b) in data 16 e 27 aprile 2022, la signora M. che, inter alia, ha evidenziato la tardività dell'eccezione di carenza di interesse ad agire oltre che l'infondatezza nel merito dell'appello.

9. All'udienza pubblica del 19 maggio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Preliminarmente, il Collegio esamina il rilievo di parte appellata in ordine alla tardività dell'eccezione (incentrata sulla carenza di interesse ad agire) sollevata dalla parte appellante.

10.1. L'eccezione non è tardiva in quanto:

a) la società appellante giustifica il suo rilievo sull'inammissibilità del ricorso di primo grado alla luce di quanto (recentemente e quindi successivamente alla proposizione del gravame) statuito dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 22 del 2021 in ordine alla insufficienza del criterio della vicinitas ai fini del radicamento di un concreto interesse all'azione;

b) su tale aspetto non si è formato in modo esplicito, e neppure implicito, un giudicato interno che impedisca di rilevarne la sussistenza anche d'ufficio;

c) in ogni caso qualora, come nel caso di specie, vi è stato contraddittorio ex art. 73, comma 3, c.p.a., posto che viene in rilievo la carenza di una condizione dell'azione di annullamento la relativa questione è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 4 del 2018; n. 5 del 2015).

11. Il Collegio esamina pertanto in via prioritaria l'eccezione di inammissibilità dell'originario ricorso di primo grado e dei due ricorsi per aggiunzione.

11.1. L'eccezione è fondata.

11.2. La richiamata Adunanza plenaria ha rilevato che "a) nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato;

b) l'interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall'intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall'insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;

c) l'interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d'ufficio dal giudicante, nel rispetto dell'art. 73, comma 3, c.p.a.;

d) nelle cause in cui si lamenti l'illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l'immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell'accertamento dell'interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l'annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo".

11.3. Alla luce del principio fissato, parte appellante deduce che il ricorso introduttivo difetti palesemente di interesse, tale non potendo qualificarsi quello teso al mero ripristino della legalità violata. L'appellata ha infatti impugnato i provvedimenti oggetto di giudizio sul presupposto della loro illegittimità, senza dedurre tuttavia un concreto interesse derivante dall'annullamento dei predetti titoli e limitandosi a dedurre la mera vicinitas al suo terreno della appellante.

11.4. In concreto, L'Adunanza plenaria citata parte dalla constatazione che l'interesse al ricorso, inteso come uno stato di fatto, si lega necessariamente all'utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e dall'effetto ripristinatorio, che a sua volta è in funzione e specchio del pregiudizio sofferto. Tale pregiudizio, a fronte di un intervento edilizio contra legem, è rinvenuto in giurisprudenza nel possibile deprezzamento dell'immobile, confinante o comunque contiguo, ovvero nella compromissione dei beni della salute e dell'ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata. Situazioni quali possono essere la diminuzione di aria, luce, visuale o panorama, ma anche le menomazioni di valori urbanistici, le degradazioni dell'ambiente in conseguenza dell'aumentato carico urbanistico in termini di riduzione dei servizi pubblici, sovraffollamento, aumento del traffico. Il pregiudizio all'utilità deve poi essere considerato anche in relazione alla circostanza del travolgimento dei titoli edilizi precedenti (e risalenti), producendo, oltre all'effetto giuridico legato al loro venir meno in termini retroattivi, conseguenze conformative non prevedibili poiché legate all'applicazione, a valle dell'annullamento giurisdizionale, dell'art. 38 del t.u. 380 del 2021 (quali la possibile rimozione dei vizi amministrativi, la riduzione in pristino, l'applicazione di una sanzione pecuniaria alternativa).

11.5. Per questa ragione, l'Adunanza plenaria n. 22 del 2021 ha affermato che l'interesse ad agire dovrebbe essere escluso nei casi in cui il titolo edilizio impugnato sia affetto da vizi solamente formali o procedurali, sicuramente emendabili, quand'anche ne fosse possibile l'annullamento, quindi senza che a tale annullamento possa seguire l'applicazione di una qualunque sanzione.

11.6. In definitiva, la Plenaria, dopo aver ricostruito le linee generali della materia, ha ritenuto di individuare una distinzione e un'autonomia tra legittimazione e interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, stabilendo che entrambi debbano ricorrere e che il solo criterio della vicinitas, quale elemento di differenziazione, [non] valga da solo ed in automatico a soddisfare anche l'interesse al ricorso.

12. Facendo dunque applicazione dei su esposti principi al caso di specie emerge che:

a) i titoli edilizi sono stati diversi e risalenti ed hanno riguardato un comparto ampiamente edificato, che comprende l'area di cui è causa e quella dell'appellata, privo di particolari pregi, tanto da essere inserito in un piano di recupero;

b) il terreno di proprietà della società appellante è posto a valle rispetto a quello dell'appellata;

c) l'appellata, al di là di generiche affermazioni, non ha fornito la prova, neppure presuntiva, della utilità concreta che trarrebbe dalla rimozione della edificazione;

d) le pronunce cautelari non hanno mai affermato la sussistenza dell'interesse ad agire, che è una condizione dell'azione e dunque un elemento ben diverso dall'interesse alla partecipazione procedimentale.

Rimane confermato, quindi, che il mero interesse demolitorio non consente di configurare l'interesse ad agire nelle controversie aventi ad oggetto il rilascio di titoli edilizi (da ultimo C.d.S., Sez. IV, 31 agosto 2022, n. 7609).

13. Per le ragioni sopra esposte, in riforma della impugnata sentenza, va dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado ed i connessi motivi aggiunti.

14. In ragione della novità della questione e delle oscillazioni giurisprudenziali le spese del doppio grado di giudizio posso essere compensate, incluse quelle afferenti alla c.t.u.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello (n. 2308/2015), come in epigrafe proposto, in riforma dell'impugnata sentenza, dichiara inammissibile il ricorso introduttivo di primo grado e i due ricorsi per motivi aggiunti.

Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.