Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 12 luglio 2023, n. 6824
Presidente: De Nictolis - Estensore: Grasso
FATTO
1. Roma Servizi per la Mobilità s.r.l., società partecipata al 100% da Roma Capitale, avviava, in data 1° marzo 2021, una "indagine di mercato" diretta alla ricerca di un immobile da prendere in locazione ad uso uffici.
L'"avviso" pubblicato precisava che l'immobile avrebbe dovuto avere "una superficie complessiva di almeno 4.000 mq (di cui 230 mq circa per un'area unica adibita a sportello al pubblico e front office), con disponibilità di spazi destinati ad archivio e magazzino per almeno 365 mq e di un CED, per almeno 50 mq, per almeno 50 mq di altezza non inferiore a 4 metri" ed avrebbe dovuto essere situato "in un contesto urbano caratterizzato da infrastrutture, servizi, accessi e parcheggi particolarmente agevoli" nonché "essere facilmente accessibile con i mezzi pubblici di trasporto e posto vicino alle fermate della metropolitana e degli autobus, nonché situato in prossimità di locali dedicati alla ristorazione".
Era, inoltre, richiesto che la struttura dell'immobile fosse "dotata di impianto di riscaldamento e raffreddamento, impianto di rilevazione dei fumi, antincendio oltre a rete LAN, fonia e rete elettrica per ogni singola postazione di lavoro, servita da fibra ottica, dotata di gruppo di continuità e di sistema antintrusione, parcheggio coperto per almeno 20 posti auto".
La durata del contratto era indicata in "sei anni + sei anni".
Nell'avviso era, quindi, specificato che, una volta raccolte le proposte, la valutazione delle stesse sarebbe stata effettuata da una Commissione che avrebbe poi redatto una graduatoria di preferenza basata sui seguenti criteri: 1) "minor prezzo al mq/annuo comprensivo di vigilanza/portierato, pulizie e manutenzione ordinaria (max 30 punti)"; 2) "minore distanza, intesa come percorso pedonale dalla stazione della Metropolitana di Roma (max 30 punti)"; 3) "minore distanza, intesa come percorso stradale in km e percorso dalla Metropolitana, rispetto alla sede del Dipartimento Mobilità di Roma Capitale (via di Capitan Bavastro n. 94) (max 20 punti)"; 4) "migliore collocazione dell'immobile rispetto al contesto urbano in cui l'immobile si trova[va], con indicazione delle infrastrutture, dei servizi, delle vie d'accesso, dei parcheggi, dei servizi di trasporto e dei locali dedicati alla ristorazione in favore del personale aziendale (max 10 punti)"; 5) "migliore collocazione dell'immobile rispetto alle vie di accesso ai parcheggi ed ai servizi di trasporto in favore degli utenti (max 10 punti)".
Era, inoltre, specificato che "per gli elementi di valutazione quantitativi di cui ai numeri 1, 2 e 3 [sarebbe stato] attribuito il massimo punteggio alla migliore proposta ed alle altre proposte [...] un punteggio decrescente secondo una proporzione lineare", mentre "per l'elemento di valutazione qualitativo di cui ai numeri 4 e 5 [sarebbe stato] attribuito il punteggio ad insindacabile giudizio della commissione".
Alla procedura prendeva parte, tra gli altri, Fin.ge s.r.l., che offriva un immobile, dotato di mensa, sito in via di Vigna Murata 30/60 e viale Luca Gaurico 9/11, nei pressi della Stazione metropolitana Laurentina. Nell'offerta, erano dettagliatamente specificati tutti costi del canone e dei servizi, con indicazione di un canone annuo omnicomprensivo di 330 euro/mq.
Con istanza in data 28 settembre 2021, la società - sul rilievo che era trascorso un considerevole lasso di tempo dalla presentazione delle offerte (in data 30 aprile 2021), senza che Roma Mobilità comunicasse l'esito della procedura - chiedeva di accedere agli atti, al fine di acquisire la relativa documentazione.
In data 26 novembre 2021, a fronte del perdurante silenzio serbato, presentava ricorso ex art. 116 c.p.a. dinanzi al T.A.R. per il Lazio.
2. Avendo, infine, avuto accesso alla documentazione - dalla quale emergeva che la Commissione, nella seduta del 3 giugno 2021, aveva attribuito i punteggi finali che avevano favorito le concorrenti Generali (per un immobile sito Via Silvio D'Amico) e Quinta Capital - impugnava gli esiti della procedura, lamentando, sotto plurimo profilo, l'illegittima modifica dei criteri di valutazione da parte della Commissione giudicatrice, l'inammissibilità delle offerte presentate dalle controinteressate, l'inammissibilità del soccorso istruttorio prestato in favore delle offerte presentate Generali e di Green Stone Sicaf, nonché l'illegittimità dell'attribuzione dei punteggi.
3. Il ricorso - integrato da plurimi e successivi motivi aggiunti, anche conseguenti all'interinale accoglimento (con sentenza n. 3656/2022) del ricorso sull'accesso ed alla acquisizione integrale della documentazione di gara - veniva definito con sentenza n. 9222 del 6 luglio 2022, con la quale il T.A.R. dichiarava il difetto di giurisdizione.
4. Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Fin.ge s.r.l. impugna la ridetta statuizione, di cui lamenta l'erroneità, auspicandone la riforma, con conseguente rimessione della causa, ex art. 105, comma 1, c.p.a., della controversia per la definizione nel merito.
5. Nella resistenza di Roma Servizi per la Mobilità s.r.l., di Roma Capitale e di Generali Real Estate s.p.a., alla camera di consiglio del 2 marzo 2023 la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
1. L'appello è fondato e merita di essere accolto.
La sentenza appellata:
a) ha ritenuto, in premessa, che la fattispecie in esame "ricad[esse] evidentemente nell'ambito di applicazione dell'art. 17, comma 1, lett. a) del Codice Appalti";
b) ne ha tratto il corollario - in adesione all'orientamento diffusamente espresso dal giudice regolatore della giurisdizione (da ultimo, Cass., Sez. un., [ord.] 16 febbraio 2022, n. 5051, che richiama i precedenti in termini di Id., 8 luglio 2015, n. 14185 e Cass., Sez. un., 21 marzo 2001, n. 124 - che, non rientrando il contratto di locazione nel novero dei "contratti di fornitura (di cose)" né in quello dei "contratti di (fornitura di) servizi", la relativa controversia (concernente "diritti soggettivi") refluirebbe, per ciò solo, nella giurisdizione del giudice ordinario.
2. L'assunto non persuade.
Il Collegio non può esimersi dall'osservare che la posizione delle Sezioni unite della Cassazione, condivisa acriticamente dal primo giudice, appare in realtà il frutto, in qualche misura tralatizio, di cadenze argomentative che, nel prestare soverchio ossequio a premesse di natura essenzialmente sistematica se non puramente concettuale, finiscono per trascurare, contraddicendo una primaria direttiva esegetica (cfr. art. 12 disp. prel. c.c.), imprescindibili (e decisivi) dati di ordine positivo.
2.1. In premessa, invero, varrà osservare che i contratti "aventi ad oggetto [...] la locazione [...] di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili" sono ricompresi nel novero delle "esclusioni specifiche" dal codice dei contratti pubblici (in tal senso, l'art. 17, comma 1 lettera a) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, rilevante ratione temporis, il quale peraltro, sotto il profilo in questione, ripete la regola già scolpita dall'art. 19, comma 1, lettera a), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; nello stesso senso, ora l'art. 56, comma 1, lettera e), del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).
L'esenzione, è noto, recepisce de plano la previsione dell'art. 10 della direttiva 2014/24/UE, dell'art. 21 della direttiva 2014/25/UE e dell'art. 10, § 8, della direttiva 2014/23/UE, che traggono alimento, in ragione della tipica localizzazione spaziale propria dei beni "immobili", dalla postula insussistenza di un rilevante interesse transfrontaliero.
2.2. La norma consegna all'interprete tre indicazioni:
a) la "locazione [...] di beni immobili" stipulata da soggetti pubblici od equiparati (come, per profili diversi e qui non rilevanti, il relativo "acquisto") rientra - nella prospettiva europea, non meno che in quella nazionale "di recepimento" - nel comprensivo genus degli "appalti" (o anche, secondo i casi, delle "concessioni") "di servizi", nel cui ambito è qualificato dal relativo "oggetto": genus che, come è noto, è in generale più ampio (in quanto residualmente contrapposto ai contratti aventi ad oggetto lavori o forniture) di quello prefigurato dalla disciplina del codice civile, che pure resta applicabile al relativo schema negoziale;
b) la sancita inapplicabilità, ai fini della relativa stipula, delle "disposizioni del [...] codice" non costituisce, con ciò, un mero corollario della tipologia o della natura del contratto (ovvero del suo specifico oggetto o della sua tipica causa), ma è (semplicemente) il frutto di una espressa (e "specifica") esclusione positiva;
c) per tal via, non si tratta (per riprendere la acquisita terminologia a suo tempo elaborata da C.d.S., Ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16) di contratto "estraneo", ma (solo) di uno dei "contratti [...] esclusi [...] dall'ambito di applicazione oggettiva del [...] codice", per i quali l'art. 4 del d.lgs. n. 50/2016 (ed ora, con più chiara ma non divergente tassonomia, l'art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 36/2023) impone, in ogni caso, il rispetto dei "principi" (di matrice così interna come eurocomune) che ispirano e conformano - nella prospettiva del buon andamento (in termini di economicità, efficacia, efficienza ed orientamento al risultato) e della imparzialità (in termini di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità) - l'azione dei soggetti pubblici (arg. etiam ex art. 97 Cost. e art. 1 l. n. 241/1990).
2.3. Ne discende, già a questo livello di esegesi, che - per quanto l'individuazione e la selezione del contraente sia sottratta alla puntuale e cadenzata disciplina, formali e sostanziali, delle ordinarie procedure evidenziali (complessivamente evocate, ai fini del riparto di giurisdizione in ordine alle relative controversie, dall'art. 133, comma 1, lettera e), n. 1, c.p.a., con il richiamo alla "normativa comunitaria" ovvero alle specifiche previsioni "della normativa statale o regionale") - la relativa attività negoziale non è affatto libera e deformalizzata come quella che connota, sul piano del fatto, i rapporti interprivati, essendo, per l'appunto, assoggettata a vincoli di diritto, non disponibili, di ordine teleologico (che impongono una congrua motivazione delle scelte, quanto alla relativa convenienza sia economica che funzionale) e di ordine procedimentale (sollecitati dal dovere di rendere pubblica l'iniziativa negoziale e trasparente il comportamento prenegoziale, al fine di garantire un accesso paritario e non discriminatorio dei potenziali interessati alla commessa).
2.4. Se ne trae, del resto, decisiva e positiva conferma dalla previsione (non a caso sottratta alle abrogazioni disposte dall'art. 256 del d.lgs. n. 50/2016 e che trova, come tale, applicazione per tutti i contratti non rientranti, nel senso chiarito, nell'ambito oggettivo del codice) dell'art. 3 del r.d. 18 novembre 2023, n. 2440 (che, a sua volta, informa la contrattualità degli altri enti pubblici: cfr., ad esempio, l'art. 192 del d.lgs. n. 267/2000, relativo agli enti locali), il quale, al comma 2, sancisce che "i contratti dai quali derivi una spesa" (c.d. contratti passivi, tra cui rientra quello oggetto della presente controversia) "debbono essere preceduti da gare": siffatto obbligo (non si tratta, perciò, di una mera facoltà ovvero del frutto di una opzione di semplice e non imposto autovincolo) legittima bensì un "giudizio discrezionale dell'amministrazione", ma solo relativamente alla scelta delle sue concrete modalità operative (che - prospettando, in via di principio, l'alternativa tra "pubblico incanto" e "licitazione privata" - confermano, tra l'altro, la residualità ed eccezionalità della forma liminare della semplice trattativa privata).
L'impostazione marcatamente contabilistica che fonda ed ispira (nella tradizionale prospettiva della salvaguardia e massimizzazione dell'interesse pubblico) tale opzione normativa non è, come è noto, venuta meno con l'affermazione dei principi costituzionali ed eurocomuni: i quali, semmai, integrano e corroborano (nella convergente prospettiva della garanzia di un accesso non disparitario e misuratamente concorrenziale alle risorse collettive) le peculiarità evidenziali dell'attività negoziale dei soggetti pubblici.
2.5. Ed è appena il caso di soggiungere che l'attività che (necessariamente) precede e (positivamente) conforma, nel senso considerato, le modalità di selezione del contraente e l'affidamento del contratto esibisce, di là dal suo tratto semplificato e per più rispetti deformalizzato, i tratti pubblicistici dell'attività amministrativa (l'art. 3, comma 2, cit. ne suona mera conferma, laddove fa parola di "gare" e ne evoca, come si ripete, le modalità aperte o ristrette tra le quali l'amministrazione è abilitata a scegliere, secondo le circostanze).
2.6. A questo punto, è bensì lecito dubitare (ancorché non difettino, in via di principio, argomenti a favore della opzione positiva) che le relative controversie (beninteso, relativamente alle "procedure di affidamento" ed agli altri profili riguardanti "attività amministrative": arg. ex art. 30, comma 8, d.lgs. n. 50/2016, ed ora ex art. 12, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 36/2023) rientrino nell'ambito dell'art. 133, comma 1, lettera e), n. 1, c.p.a., che prefigura una ipotesi, di stretta interpretazione, di giurisdizione esclusiva: ma - in ogni caso - è arduo sottrarre alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo una attività correlata all'operato di soggetti "comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo" (art. 7, comma 2, c.p.a.).
2.7. Per quanto precede, le premesse che muovono l'orientamento delle Sezioni unite appaiono, di là da ogni altro rilievo, per un verso insufficienti, per altro verso non condivisibili. E così:
a) se è del tutto evidente - per seguire le consuete cadenze argomentative, per come ripetute e ribadite dalla richiamata Cass. n. 5051/2022 - che il "contratto stipulato dalla p.a. per il reperimento di immobili da adibire alla propria attività istituzionale" non sia riconducibile (in quanto rientrante "nella fattispecie tipica della locazione") ai "contratti di fornitura" (di cose), non è corretto (nella prospettiva - non eludibile, se non al prezzo di ignorarne semplicemente la portata - di cui all'art. 17, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 50/2016, di cui si è diffusamente detto e che declina le tipologie negoziali in forme non del tutto sovrapponibili a quelle codicistiche) l'assunto che non si tratti di contratto "di servizi", ancorché "escluso";
b) se è del tutto esatto che "la pubblica amministrazione che procede alla locazione di immobili da adibire alla propria attività istituzionale agisce secondo le regole del diritto privato", ciò deve, nondimeno, dirsi veramente per tutti i contratti (che non siano ad oggetto pubblico, ex art. 11 l. n. 241/1990) stipulati dalla pubblica amministrazione nell'esercizio della sua (da sempre riconosciuta, già ex art. 11 c.c.) "autonomia contrattuale" (cfr., oggi, con chiarezza, l'art. 8 del d.lgs. n. 36/2023): sicché è argomento che prova, di per sé, troppo;
c) è, per contro, errato - perché assunto in contrarietà ai precisi dati di ordine positivo di cui si è dato diffusamente conto - che l'indizione di una "gara per individuare gli immobili" (recte, in realtà: per individuare un potenziale contraente, in quanto proprietario di immobili di cui intenda disporre, trasferendone consensualmente il temporaneo godimento) possa riguardarsi quale "facoltativa": una "gara", per contro, è - per quanto condotta secondo modalità evidenziali diverse da quelle del codice dei contratti pubblici, e quindi all'occorrenza anche significativamente semplificate - sempre necessaria (sicché la scelta per una procedura aperta, tramite "avviso pubblico", come nella vicenda in esame, non va acquisita come mera manifestazione di libertà prefigurativa, ma quale discrezionale opzione per una modalità evidenziale aperta: arg. ex art. 3, comma 2, r.d. n. 2440/2023 cit.);
d) la conclusione secondo cui, perciò, si sia, in tal caso, "in presenza di diritti soggettivi, che come tali rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario" risulta frutto di un (malcerto) postulato, piuttosto che del coerente sviluppo di adeguate premesse: le quali, per contro, militano nel diverso senso della sussistenza (anche - non è vano soggiungere, in una prospettiva costituzionalmente rilevante: cfr. artt. 24 e 113 Cost. - a tutela delle effettive posizioni di controinteresse, che, a fronte delle opzioni negoziali operate da soggetti pubblici, non possono venire dequotate, come accade tipicamente e coerentemente nei rapporti interprivati, ad interessi di mero fatto, le cui uniche e prospettiche emergenze remediali non potrebbero attingere, per definizione, la soglia del danno precontrattuale da lesione dell'affidamento, nei limiti dell'interesse negativo) di (più solide) posizioni di interesse legittimo (abilitate a contrastare, con esiti remediali specifici e maggiormente satisfattivi, l'illegittimo operato dell'amministrazione dinanzi al giudice amministrativo).
3. Le considerazioni che precedono assorbono gli ulteriori rilievi di parte appellante, che sono orientati ad una diversa ed alternativa qualificazione del contratto controverso in termini di contratto "di disponibilità". La relativa disamina, per quanto di rilievo, va rimessa al giudice di prime cure, che - all'esito della rimessione conseguente al riconoscimento della giurisdizione del giudice amministrativo, giusta l'art. 105, comma 1, c.p.a. - la valuterà nel merito delle prospettate ragioni di doglianza.
4. Sussistono, ad avviso del Collegio, giustificati motivi per disporre, tra le parti costituite, l'integrale compensazione di spese e competenze del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la sussistenza della giurisdizione amministrativa e rimette la causa al giudice di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione è stata annullata da Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 2 settembre 2024, n. 23453.