Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione II
Sentenza 4 marzo 2024, n. 619
Presidente: Russo - Estensore: Cozzi
FATTO E DIRITTO
La società esponente opera nell'ambito dei servizi ambientali di raccolta e trasporto dei rifiuti ed è particolarmente attiva nell'hinterland milanese e Brianza monzese, tanto che è attualmente titolare - in ATI con altro operatore del settore - di un contratto di appalto di gestione dei rifiuti stipulato con CEM Ambiente s.p.a., società in house, totalmente partecipata dalla Provincia di Monza e della Brianza e da circa settanta comuni di quattro province della Lombardia.
La stessa ricorrente, dopo avere avuto notizia dell'avvenuta pubblicazione del piano industriale di CEM Ambiente s.p.a. per il periodo 2023-2026, presentava a quest'ultima un'articolata domanda di accesso agli atti, richiamando nella medesima sia la l. n. 241 del 1990 sull'accesso documentale, sia il d.lgs. n. 33 del 2013 sull'accesso civico, sia il d.lgs. n. 195 del 2005 sull'accesso alle informazioni in materia ambientale (cfr. doc. 1 della ricorrente).
Con provvedimento del 2 novembre 2023 CEM Ambiente s.p.a. negava l'accesso richiesto, reputandolo infondato per molteplici ragioni (cfr. doc. 2 della ricorrente).
Contro il diniego succitato era proposto il presente ricorso, ai sensi dell'art. 116 c.p.a.
Si costituiva in giudizio la società intimata, concludendo per l'inammissibilità ed in ogni caso per l'infondatezza nel merito del gravame.
All'udienza camerale del 6 febbraio 2024 il Collegio eccepiva preliminarmente l'eventuale inammissibilità del ricorso per omessa notificazione del medesimo ad almeno uno dei controinteressati, da individuarsi negli enti pubblici soci di CEM Ambiente s.p.a.
La causa era poi discussa e trattenuta in decisione.
La complessiva infondatezza del ricorso, per le ragioni che si esporranno, esime il Collegio dalla valutazione dell'eccezione di rito sollevata d'ufficio all'udienza del 6 febbraio 2024 e relativa all'omessa notificazione del presente gravame ad almeno uno dei controinteressati.
Questi ultimi potrebbero individuarsi - ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. c), della l. n. 241 del 1990 - negli enti pubblici soci della società resistente, considerato che la domanda di accesso (si veda ancora il doc. 1 della ricorrente) riguarda un numero elevato e pressoché indefinito di atti degli enti locali soci, atti costituiti non solo dalle deliberazioni degli organi degli enti ma anche dalla corrispondenza di questi ultimi ed in genere da tutti gli atti interni degli enti riguardanti la gestione in house.
Il ricorso, per quanto suggestivo e ben argomentato, non merita però condivisione.
Nel gravame la società afferma di avere avuto notizia, a seguito della lettura del sito internet della resistente, dell'intendimento di CEM Ambiente s.p.a. di ampliare l'affidamento in house mediante l'ingresso di nuovi comuni nella compagine societaria.
Tale ampliamento, secondo la ricorrente, ridurrebbe però il mercato nella quale la medesima opera, con eventuali effetti distorsivi sulla concorrenza.
La stessa ricorrente, peraltro, ammette (cfr. pag. 2 del ricorso, punto 5) che si tratta di una prospettiva "a oggi non concretizzata né formalizzata", oltre ad evidenziare che l'asserito ampliamento potrebbe non essere di per sé illegittimo, ancorché sia da valutare con cautela (cfr. pag. 3 del ricorso, punto 7).
Ciò premesso, la domanda di accesso risulta articolata su undici distinti punti, taluni dei quali a loro volta suddivisi in ulteriori partizioni e comprende un numero elevatissimo ed assolutamente indefinito di atti e di documenti, provenienti da CEM Ambiente s.p.a. o dagli enti locali soci.
Appare arduo riassumere in questa sede i documenti richiesti in quanto gli stessi hanno natura assai eterogenea, comprendendo - a mero titolo di esempio - sia gli eventuali patti parasociali fra gli enti-soci sia tutti gli atti istruttori posti in essere da CEM Ambiente s.p.a. per adottare il proprio piano industriale, di cui la ricorrente ha avuto notizia dalla lettura del sito della resistente. La stessa ricorrente non indica neppure un intervallo temporale entro cui collocare la notevole mole dei documenti richiesti, per cui si deve desumere che si tratta di tutti gli atti posti in essere da CEM Ambiente s.p.a. e dai suoi soci sin dal momento della costituzione della società in house (attiva dal giugno 2003, cfr. doc. 4 della ricorrente) fino ad oggi.
Se si legge con attenzione il lungo elenco dei documenti richiesti si perviene alla conclusione che si tratta - in pratica - di tutti gli atti che hanno caratterizzato in ogni singolo aspetto l'istituzione ed il funzionamento sino ad oggi della società in house.
Orbene, una tale richiesta finisce per incorrere nel divieto di cui all'art. 24, comma 3, della l. n. 241 del 1990, che non consente l'esercizio del diritto di accesso se è finalizzato ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.
Non si vuole in questa sede negare la posizione della ricorrente quale operatore nello stesso ambito di mercato di CEM Ambiente s.p.a., né si può certo escludere che la ricorrente abbia la legittimazione e l'interesse ad impugnare singoli atti di CEM Ambiente s.p.a.; quel che non può essere consentita è una sostanziale forma di controllo dell'intera attività svolta da CEM Ambiente s.p.a. in tutta la sua vita sociale, controllo che si vorrebbe porre in essere attraverso una domanda di accesso che può certamente definirsi "massiva".
Se è pur vero, infatti, che l'istanza di accesso non deve indicare compiutamente e minuziosamente i singoli documenti richiesti ed il loro contenuto, in quanto essi non sono nella disponibilità del richiedente, non può parimenti ammettersi il riferimento ad un numero eterogeneo ed indefinito di documenti.
A ciò si aggiunga, con riguardo all'accesso ai sensi della l. n. 241 del 1990, che la stessa ricorrente ammette che allo stato non vi è alcun atto concernente il temuto allargamento della gestione in house, per cui sotto tale profilo non è dato comprendere quale interesse "concreto ed attuale" [ex art. 22, comma 1, lett. b), della l. n. 241 del 1990] la società esponente ponga alla base della sua istanza di ostensione.
Il ricorso deve reputarsi infondato anche avuto riguardo alla disciplina del d.lgs. n. 33 del 2013 sul c.d. accesso civico.
L'accesso civico, infatti, pur costituendo uno strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della loro partecipazione all'attività amministrativa, non può essere impiegato in maniera distorta e divenire causa di intralcio all'azione della pubblica amministrazione.
Sul punto si vedano, in primo luogo, la sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10 del 2020, punti da 36.4 a 36.6 della narrativa, oltre a T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, sent. n. 1951 del 2017; Sez. IV, sent. n. 669 del 2018; e C.d.S., Sez. V, sent. n. 6589 del 2023, secondo cui: «... l'accesso civico generalizzato ex art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 soddisfa un'esigenza di cittadinanza attiva, incentrata sui doveri inderogabili di solidarietà democratica, di controllo sul funzionamento dei pubblici poteri e di fedeltà alla Repubblica e non su libertà singolari, onde tale accesso non può mai essere egoistico (cfr. C.d.S., VI, 13 agosto 2019, n. 5702), mentre nella fattispecie in questione la richiesta di accesso civico è dichiaratamente finalizzata alla realizzazione di un asserito interesse meramente personale, sicché, per come formulata, si appalesa quale mero surrogato dell'accesso documentale ex art. 22 della l. n. 241/1990, sottendendo, quindi, una finalità esclusivamente egoistica, incompatibile con le finalità di trasparenza e di interesse generale proprie dell'accesso civico».
Lo strumento non può essere quindi utilizzato in contrasto con il principio di buona fede previsto in via generale dall'art. 1175 c.c. (da leggersi alla luce del parametro di solidarietà di cui all'art. 2 Cost.).
La stessa Autorità anticorruzione (ANAC), nelle proprie linee-guida approvate con determinazione n. 1309 del 28 dicembre 2016, ha reputato non ammissibile la c.d. richiesta massiva, vale a dire quella per «un numero manifestamente irragionevole di documenti (...), tale da paralizzare (...) il buon funzionamento dell'amministrazione (...)» (cfr. il punto 4.2 dell'allegato alle linee-guida).
L'attuale istanza di accesso della ricorrente, riguardante un elevatissimo numero di atti e di documenti eterogenei fra loro, appare in evidente contrasto con i richiamati principi di buona fede e finisce per costringere l'amministrazione ad uno sforzo straordinario, che ne aggrava l'ordinaria attività.
Nelle proprie memorie difensive ed anche nel corso della discussione orale all'udienza del 6 febbraio 2024, la ricorrente ha richiamato la sentenza della Sezione III di questo T.A.R. n. 590 del 2023, resa in un giudizio ex art. 116 c.p.a. che ha visto quale parte resistente e soccombente la stessa CEM Ambiente s.p.a.
Tale precedente, noto alla Sezione e certamente condiviso dalla medesima, attiene però ad una fattispecie radicalmente differente da quella ivi in esame.
Nella vicenda poi sfociata nella sentenza n. 590 del 2023 l'istanza di accesso non aveva un carattere oggettivamente indeterminato e massivo come quella di cui è causa ma riguardava un ben preciso progetto di CEM Ambiente s.p.a., volto alla realizzazione di un impianto di gestione dei rifiuti in Comune di Cassano d'Adda.
A fronte di una domanda di accesso ben precisa e di un interesse attuale e concreto all'ostensione, questo T.A.R. ha reputato illegittimo il diniego di CEM Ambiente s.p.a. all'accesso.
È pertanto evidente che il precedente richiamato dalla ricorrente non è applicabile nel caso di specie.
Anzi, la sentenza n. 590 del 2023 conferma che all'esponente non è certo negata tutela a fronte di attività poste in essere da CEM Ambiente s.p.a., purché l'eventuale istanza di accesso rispetti i requisiti di legge.
Si conferma, in conclusione, il rigetto del presente ricorso.
La novità e la complessità delle questioni dedotte inducono il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.