Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 11 ottobre 2024, n. 8198

Presidente: Franconiero - Estensore: Ponte

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso originario, il sig. R., in qualità di proprietario di un immobile sito in Minori, impugnava i provvedimenti relativi alla sanatoria ed al completamento di un manufatto realizzato su area confinante della S.n.c., intestata agli originari controinteressati M. Raffaele e M. Francesco.

1.1. Avverso tali atti venivano proposti i seguenti motivi di ricorso di primo grado:

- violazione e falsa applicazione di legge (artt. 31 e 35 l. n. 47/1985; art. 39 l. n. 724/1994; art. 5 l.r. Campania n. 35/1987; P.R.G. del Comune di Minori; circolari interpretative n. 2241/UL del 1995 e n. 3357/25 del 1985); Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento - Difetto/erroneità dei presupposti in fatto e in diritto - Difetto di istruttoria e di motivazione - Contraddittorietà - Perplessità - Sviamento) in quanto non essendo l'opera ultimata nella struttura (rustico, copertura), alla data del 1° ottobre 1983, non era condonabile;

- violazione e falsa applicazione di legge (artt. 31 e 35 l. n. 47/1985; art. 39 l. n. 724/1994; circolari interpretative n. 2241/UL del 1995 e n. 3357/25 del 1985); art. 32, comma 2, lett. c), e comma 3 l. n. 47/1985; art. 33 l. n. 47/1985; d.m. 1° aprile 1968, n. 1404; Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento - Difetto/erroneità dei presupposti in fatti e in diritto - Difetto di istruttoria e di motivazione - Contraddittorietà - Perplessità - Sviamento) in quanto l'abuso edilizio condonato è stato realizzato successivamente all'entrata in vigore del d.m. 1404/1968 ed è stato realizzato a distanza inferiore a quella prevista per le strade statali dal d.m. 1° aprile 1968, n. 1404. In particolare, essendo stata realizzata la costruzione abusiva nel 1981, la domanda di condono doveva essere respinta tenuto conto non solo della disposizione della lett. c) del comma 2 dell'art. 32 della l. 47/1985, ma anche del comma 3 che dispone che, in caso di anteriorità del vincolo rispetto all'esecuzione dell'abuso, "si applicano le disposizioni dell'art. 33" che rendono automaticamente inaccettabile l'istanza di condono, valendo a tal fine la sola sussistenza del vincolo di distanza esistente. Infine, mancherebbe in ogni caso il parere dell'Anas;

- violazione di legge (delibera G.r. Campania n. 5447 del 7 novembre 2002 di riclassificazione sismica del territorio della Campania; artt. 136, 91, 83 d.P.R. n. 380/2001; Capo IV d.P.R. n. 380/2001; l. 64/74 - art. 32, commi 2 e 3, l. 47/1985 - art. 33 l. 47/1985 - Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento - Difetto/erroneità dei presupposti in fatto e in diritto - Difetto di istruttoria e di motivazione - Contraddittorietà - Perplessità - Sviamento) in quanto sussiste inidoneità statica della costruzione e non è stato presentato l'obbligatorio progetto di adeguamento antisismico;

- violazione e falsa applicazione di legge (artt. 31 e 35 l. n. 47/1985; art. 39 l. n. 724/1994; circolari interpretative n. 2241/UL del 1995 e n. 3357/25 del 1985); Violazione del vincolo preordinato all'esproprio e dell'art. 9 d.P.R. n. 380/2001; Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento - Difetto/erroneità dei presupposti in fatto e in diritto - Difetto di istruttoria e di motivazione - Contraddittorietà - Perplessità - Sviamento) in quanto l'abuso edilizio è stato realizzato su area già destinata a pubblico servizio dallo strumento urbanistico comunale e oggetto di vincolo preordinato all'esproprio, non poteva pertanto essere rilasciato il permesso di costruire in sanatoria;

- violazione di legge (delibera G.r. Regione Campania n. 2777/03 e circolare n. 1/2005 in quanto è stato omesso il subprocedimento e il parere dell'Ente Parco "Monti Lattari";

- violazione di legge (artt. 25-34-31 disposizioni generali della disciplina normativa del piano stralcio per la tutela del rischio e per l'assetto idrogeologico adottato dall'Autorità di Bacino Regionale Destra Sele) - Eccesso di potere (Violazione del principio del giusto procedimento - Difetto del presupposto - Difetto di istruttoria e di motivazione) in quanto l'intervento edilizio di completamento autorizzato (che ha natura di "nuova costruzione") non è consentito in zona R3-P3 del Piano stralcio. In ogni caso, l'intervento edilizio autorizzato avrebbe dovuto essere preceduto dal parere dell'Autorità di Bacino.

2. All'esito del giudizio di primo grado il T.A.R. Campania rilevava che l'impugnata concessione in sanatoria presentava il vizio di legittimità, stigmatizzato dal ricorrente con il primo motivo di ricorso.

Ai sensi del combinato disposto degli artt. 39 della l. 23 dicembre 1994, n. 724 e 31 della l. 28 febbraio 1985, n. 47 possono essere sanate le "... opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993...". Ai fini della sanatoria "... si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente".

Nel caso di specie, secondo il giudice, in base alle emergenze documentali in atti, doveva escludersi che, alla data del 31 dicembre 1993, il manufatto, destinato a uso non residenziale, potesse considerarsi ultimato, in quanto funzionalmente non completato.

Di conseguenza, il giudice accoglieva il ricorso con sentenza n. 1600/2020 pubblicata il 2 novembre 2020.

3. Avverso tale sentenza veniva proposto l'appello in esame dalla parte originaria controinteressata, sulla scorta dei seguenti motivi di appello:

- tardività del ricorso introduttivo, già eccepita in primo grado, in quanto, a partire quanto meno dal 29 settembre 2009 (data in cui sono state rilasciate le copie del titolo impugnato), il ricorrente ha avuto piena ed integrale conoscenza non solo dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria e del relativo contenuto, con conseguente decorrenza del termine decadenziale per proporre l'impugnativa, mentre il ricorso è stato notificato in data 26 giugno 2010 ovvero a distanza di circa un anno dal rilascio del titolo (4 giugno 2009) e dall'avvenuta conoscenza del relativo contenuto da parte del ricorrente (29 settembre 2009);

- inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, eccepita in primo grado, in quanto la mera vicinitas non è di per sé circostanza idonea e sufficiente a comprovare la legittimazione e l'interesse al ricorso, essendo necessaria sempre e comunque la dimostrazione di un concreto pregiudizio conseguente dallo jus aedificandi riconosciuto dal titolo edilizio impugnato;

- inammissibilità del ricorso per omessa notifica del ricorso alla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino, eccepita in primo grado, in quanto il titolo impugnato è stato adottato sulla base dei titoli abilitativi assentiti dagli enti preposti alla tutela del vincolo paesaggistico cui l'area è assoggettata, con atti presupposti, recanti specifiche valutazioni inerenti il profilo paesaggistico che, qualora ritenuti pregiudizievoli, avrebbero dovuto essere autonomamente impugnati, con relativo onere da parte del ricorrente di effettuare apposita notifica all'Autorità che li ha adottati; infatti il ricorrente, pur impugnando il presupposto provvedimento adottato dalla Soprintendenza, ha omesso la relativa notifica a detto Ente con conseguente inammissibilità del ricorso;

- erroneità, comunque, nel merito della sentenza appellata, atteso che, contrariamente a quanto assunto dal T.A.R., il riferimento al completamento al rustico vale solo per le opere destinate alla residenza, è la concreta funzione cui l'immobile è destinato a rappresentare il solo ed unico parametro di valutazione alla stregua del quale considerare lo stato di ultimazione ovvero l'immobile completamento funzionalmente. In particolare, alla data del 31 dicembre 1993, detto intervento era funzionalmente realizzato, trattandosi di un mero ricovero per attrezzature di lavoro, non era e non è richiesto anche il completamento al rustico: una struttura può assolvere la funzione di deposito anche qualora non sia del tutto chiusa con pareti perimetrali. Infatti, è pacifico in atti e tra le parti che l'immobile in oggetto, sia alla data prescritta che a quella di deposito dell'istanza, era regolarmente utilizzato quale deposito.

Si costituiva in giudizio l'odierno appellato ed originario ricorrente, sig. R., che oltre a richiedere il rigetto dell'appello riproponeva (ex art. 101 c.p.a.) i vizi di primo grado, compresi quelli eventualmente non esaminati nella sentenza di primo grado.

4. Alla pubblica udienza di smaltimento del 2 ottobre 2024 la causa passava in decisione.

5. Il primo motivo di appello è fondato.

5.1. In linea di diritto, nel caso di titolo edilizio assentito in sanatoria, il termine per l'impugnazione decorre dalla data in cui si ha conoscenza che per una specifica opera abusiva già esistente è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria. Questa circostanza deve essere dimostrata in giudizio per far valere la tardività dell'impugnazione. È essenziale separare il regime d'impugnazione del titolo edilizio "ordinario" da quello applicabile al titolo edilizio "in sanatoria". Nel primo caso, il termine di decadenza inizia dal completamento dei lavori, mentre nel secondo caso, inizia dalla conoscenza del rilascio della concessione edilizia in sanatoria per un'opera abusiva già esistente (cfr. ad es. C.d.S., Sez. VI, 7 febbraio 2024, n. 1241).

5.2. Quindi, se è consolidata la regola per cui il termine per l'impugnazione di un titolo edilizio in sanatoria decorre dalla data in cui l'interessato abbia conoscenza che per una determinata opera abusiva già esistente è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria, nel caso di specie il ritiro del titolo (datato 4 giugno 2009) in seguito a specifica istanza di accesso (istanza del 25 settembre 2009, rilascio i[n] data 29 settembre 2009) non può che comportare l'immediata decorrenza del termine decadenziale per l'impugnativa, con conseguente tardività del ricorso notificato in data 26 giugno 2010.

5.3. Né è invocabile il divieto di nuove produzioni, in quanto il documento risulta indispensabile ai fini della decisione nonché acquisito dalla parte solo in epoca successiva alla sentenza impugnata, con conseguente sussistenza dei presupposti peculiari di cui all'art. 104, comma 2, c.p.a.

5.4. Le ulteriori considerazioni di parte privata appellata, non assumono rilievo, in quanto fondate su presunzioni e su mere affermazioni prive di rilievo nel presente giudizio di legittimità. Peraltro, la documentazione attestante la tardività risulta contenuta in un atto pubblico, la cui fede fino a querela di falso vincola nella specie, anche in assenza della proposizione della querela stessa.

6. Alla luce delle considerazioni che precedono l'appello è fondato in ordine al primo motivo, avente effetto assorbente in quanto concernente la tardività del ricorso originario; per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi, stante la sopravvenienza della documentazione predetta, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 1600/2020.