Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 16 gennaio 2025, n. 344

Presidente: Lopilato - Estensore: Tagliasacchi

FATTO E DIRITTO

1. Con l'appello in epigrafe, il dott. Gianluigi D.M. ha proposto appello avverso la sentenza in forma semplificata n. 11343 del 2023 del T.A.R. Lazio, che ha dichiarato inammissibile il ricorso collettivo dal medesimo proposto unitamente alla dott.ssa Veronica G. e al dott. Riccardo R. per l'annullamento delle graduatorie finali di merito del "Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di complessivi duemiladuecentonovantatrè posti di personale non dirigenziale di area seconda, a tempo indeterminato, da inquadrare nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'interno, del Ministero della cultura e dell'Avvocatura dello Stato" pubblicate in data 19 aprile 2023 sul sito "Formez", nella parte in cui, con riferimento alla valutazione dei titoli, è stato attribuito ai ricorrenti un punteggio inferiore rispetto a quello che, a loro avviso, doveva essere riconosciuto, in considerazione del possesso del diploma di laurea magistrale a ciclo unico.

2. In punto di fatto, occorre premettere, in sintesi, che i ricorrenti in primo grado hanno presentato domanda di partecipazione all'anzidetto concorso, indetto dalla Commissione interministeriale Ripam con il bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 104 del 31 dicembre 2021.

L'art. 7 della lex specialis a proposito della valutazione dei titoli ha stabilito i seguenti criteri: "Ai titoli di studio è attribuito un valore massimo complessivo di 3 (tre) punti sulla base dei seguenti criteri:

- 1 punto per ogni laurea, diploma di laurea, laurea specialistica, laurea magistrale;

- 0,25 punti per ogni master universitario di primo livello;

- 0,5 punti per ogni master universitario di secondo livello;

- 1 punto per ogni dottorato di ricerca;

- 0,75 punti per ogni diploma di specializzazione".

L'appellante risulta in possesso del diploma di laurea magistrale vecchio ordinamento, conseguita in Economia e commercio presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in data 31 ottobre 2001 e ha dichiarato tale titolo nella domanda. Il medesimo ha, poi, superato la prova scritta della selezione concorsuale, conseguendo il punteggio di 23,375, collocandosi, nella prima graduatoria di merito per il "Profilo AMM", pubblicata in data 24 febbraio 2023, alla posizione n. 9.992, poi rettificata in data 19 aprile 2023, nel cui ambito si è, invece, collocato alla posizione n. 10137.

Tuttavia, a seguito della pubblicazione della prima graduatoria, l'appellante ha constatato che gli era stato attribuito soltanto un punto per il possesso della laurea magistrale vecchio ordinamento, ossia il medesimo punteggio assegnato ai candidati in possesso della sola laurea triennale e tale punteggio non è stato rettificato neppure con la seconda graduatoria, nonostante la segnalazione dell'odierno appellante, sicché il dott. Dott. D.M., reputando ingiusta l'anzidetta valutazione, ha proposto il ricorso introduttivo del giudizio, nella forma del ricorso collettivo, unitamente alla dott.ssa Veronica G. e al dott. Riccardo R.

3. Con l'impugnata sentenza n. 11343 del 2023, il T.A.R. Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso collettivo per difetto del requisito dell'identità della situazione sostanziale e processuale dei ricorrenti osservando come questi ultimi, essendo risultati tutti e tre idonei non vincitori, "occupano posizioni in graduatoria tutt'altro che omogenee, atteso che ciascuno occupa una posizione progressivamente più distante da quella degli idonei vincitori", sicché, secondo il giudice di primo grado, non potendosi ipotizzare uno scorrimento della graduatoria suscettibile di coinvolgere contemporaneamente tutti e tre i ricorrenti, ognuno di loro "potrebbe aspirare in realtà a dei progressivi e differenti scorrimenti che l'Amministrazione vorrà eventualmente disporre". Poiché, inoltre, secondo il T.A.R., l'individuazione del controinteressato effettivo muterebbe in relazione alla posizione del singolo ricorrente, sarebbe, per tale ragione, ravvisabile un ulteriore profilo di disomogeneità delle posizioni sostanziali e processuali delle parti ricorrenti.

Sotto un diverso profilo, ad avviso del T.A.R., difetterebbe il requisito negativo dell'assenza del conflitto di interessi tra i ricorrenti D.M. e R., in ragione della loro posizione ravvicinata in graduatoria, poiché "l'eventuale annullamento dell'impugnata graduatoria, nella parte relativa al mancato riconoscimento dell'incremento del punteggio riferito ai titoli, non tornerebbe a vantaggio di tutti poiché lascerebbe inalterato il conflitto di interessi sotteso alla contemporanea competizione tra gli stessi, correlato non soltanto alla collocazione in graduatoria, ma anche alle utilità conseguenti (a titolo di esempio, la scelta della sede dove svolgere il servizio)".

Ne conseguirebbe, pertanto, nella prospettiva del giudice di primo grado, che in capo a ciascun ricorrente sussisterebbe "un interesse di segno esattamente opposto, ossia quello alla conservazione del provvedimento adottato nei confronti dei propri colleghi di concorso, con l'attribuzione del relativo punteggio riconosciuto dall'inizio".

Infine, ad avviso del T.A.R., difetterebbe la notifica al controinteressato dott. U.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello il solo dott. D.M., formulando tre motivi di gravame, per il cui tramite ha censurato le distinte argomentazioni poste dal T.A.R. a fondamento dell'inammissibilità del ricorso e ha riproposto, poi, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a., il motivo proposto in primo grado e non esaminato dal T.A.R. Per contro, gli altri ricorrenti in primo grado non hanno proposto appello.

4.1. Con il primo motivo di gravame, l'appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui il T.A.R. ha ritenuto che le posizioni dei ricorrenti fossero tra loro disomogenee.

4.2. Con il secondo motivo, ha negato che sia ravvisabile una situazione di conflitto tra lui e il dott. R.

4.3. Da ultimo, con il terzo motivo di gravame, l'appellante ha rilevato che, a differenza di quanto sostenuto dal T.A.R., la notifica al controinteressato dott. U. è stata effettivamente eseguita.

4.4. Nel merito, l'appellante ha riproposto il motivo prospettato nel primo grado di giudizio, concernente l'errata valutazione dei titoli con particolare riferimento al punteggio attribuito per il possesso del diploma di laurea magistrale a ciclo unico, illegittimamente valutato con il medesimo punteggio attribuito per il possesso della sola laurea triennale.

5. Si sono costituite in giudizio le amministrazioni appellate, replicando alle censure proposte e chiedendo il rigetto del gravame. È stata, inoltre, riproposta l'eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'Avvocatura dello Stato e dei Ministeri.

6. Tanto premesso, il Collegio - trattenuta la causa in decisione all'udienza pubblica del 28 novembre 2024 - reputa che l'appello sia fondato per le ragioni che di seguito si espongono, con la precisazione che i primi due motivi di gravame possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione.

7. In via preliminare, va disattesa l'eccezione di difetto di legittimazione passiva dei Ministeri e dell'Avvocatura dello Stato, essendo irrilevante a tal fine che la gestione della procedura concorsuale sia stata delegata a Formez PA. In ogni caso, si tratta di un'eccezione che nella fattispecie concreta è del tutto priva di rilevanza posto che il suo eventuale accoglimento non condurrebbe comunque alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso poiché la domanda giudiziale è stata proposta anche nei confronti delle amministrazioni che, nella stessa prospettazione della difesa erariale, avrebbero legittimazione passiva e che tutte le amministrazioni in questione sono costituite in giudizio con il patrocinio ex lege dell'Avvocatura dello Stato.

8. La questione che viene posta all'esame del Collegio impone di definire l'ambito di ammissibilità del ricorso collettivo, che, a sua volta, da un lato, va ricondotto al tema più generale del cumulo soggettivo nel processo amministrativo, che ricomprende altri e distinti istituti e - al tempo stesso - dall'altro lato va distinta dalla diversa questione degli effetti della sentenza relativa a un atto inscindibile.

In considerazione dell'assenza di una compiuta disciplina dell'istituto nell'ambito del processo amministrativo, le condizioni di ammissibilità del ricorso collettivo sono state individuate dalla giurisprudenza in via interpretativa, con esiti non sempre condivisi dalla dottrina, che ne ha talvolta auspicato un'interpretazione meno restrittiva, anche per ragioni collegate al rispetto dei principi di economia, efficienza e concentrazione processuale.

Secondo la giurisprudenza, in ogni caso, l'istituto in questione è ritenuto una deroga al principio generale secondo cui ogni domanda giudiziale deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione, con la conseguenza che sono stati individuati i requisiti di ammissibilità, ravvisati, da un lato, in un elemento di carattere positivo e, dall'altro lato, in uno di carattere negativo.

Sotto il primo profilo, è necessaria una situazione di identità sostanziale e processuale che deve sussistere tra le domande giudiziali, le quali devono, pertanto, essere fondate sugli stessi motivi e avere il medesimo petitum e, sotto il secondo profilo, non deve essere individuabile alcun conflitto di interessi, neppure potenziale, tra i ricorrenti.

Tuttavia, l'enunciazione di tale regola generale, ribadita dalla giurisprudenza in via tralatizia, è stata sottoposta a critica da una parte della dottrina che ha sottolineato come l'anzidetta identità sostanziale e processuale evocherebbe, in realtà, una situazione riconducibile al litisconsorzio necessario che sussiste quando vi è un solo rapporto plurisoggettivo, con la conseguenza che sarebbe addirittura revocabile in dubbio la stessa tesi secondo cui vi sarebbe, in tal caso, una pluralità di parti che hanno proposto un'unica azione, posto che, se si trattasse di autentica identità sostanziale, a rigore, verrebbe piuttosto in rilievo un'unica parte soggettivamente complessa.

Conseguentemente, è stato sottolineato come molte delle ipotesi di ricorso collettivo nelle quali viene prospettata l'identità dell'interesse delle parti si ricollegano invero alla c.d. serialità nel cui ambito viene fatto valere un interesse individuale, come avviene nel caso degli atti plurioffensivi che hanno come destinatari congiuntamente più soggetti distinti, i quali conservano un'autonoma legittimazione a ricorrere in via individuale e disgiunta.

In questa prospettiva, secondo attenta dottrina, anche nelle ipotesi in cui la giurisprudenza afferma la necessità dell'identità sostanziale e processuale degli interessi coinvolti, non ricorrerebbe un caso di litisconsorzio necessario, non potendosi configurare un'unica azione plurisoggettiva, come sarebbe peraltro dimostrato dall'autonomia sia delle situazioni fatte valere in giudizio sia dell'esito delle azioni stesse, sicché si tratterebbe non già di una nozione di identità sostanziale e processuale di interessi assimilabile a quella posta alla base del litisconsorzio necessario, bensì di un'unità solo formale, che, come tale, consente - ma certamente non impone - la decisione con un'unica sentenza.

In altri termini, in questa prospettiva, a fronte delle rigide condizioni di ammissibilità del ricorso collettivo, che sembrerebbero riconducibili alla nozione di litisconsorzio necessario, le regole che, in concreto, governano il successivo svolgimento del processo introdotto da un ricorso collettivo, sono sintomatiche dell'autonomia delle diverse situazioni soggettive dedotte in giudizio col medesimo ricorso.

Si è, inoltre, osservato che la valutazione in ordine all'interesse azionato va condotta non solo sulla base della lesione derivante dall'atto impugnato, ma anche avuto riguardo all'utilità che può essere tratta dall'accoglimento dell'azione di annullamento. Si tratterebbe, in altri termini, di attribuire rilievo agli effetti della sentenza per verificare se dalla decisione possa derivare un'effettiva conflittualità tra le parti.

Più precisamente, in quest'ottica, ciò che rileva è il petitum mediato e immediato - valutato ex ante - e non, quindi, il conflitto astrattamente suscettibile di configurarsi tra i ricorrenti per effetto delle successive fasi procedimentali, dunque ex post. Conseguentemente, a titolo esemplificativo, il Consiglio di Stato ha ritenuto ammissibile il ricorso cumulativo avverso le aggiudicazioni di distinti lotti, affermando che: "Nell'ipotesi in cui siano impugnate le diverse aggiudicazioni di distinti lotti di una procedura selettiva originata da un unico bando, l'ammissibilità del ricorso cumulativo resta subordinata all'articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni; in questa situazione, infatti, si verifica una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria, che, a sua, volta ne legittima la trattazione congiunta" (C.d.S., Sez. III, 4 febbraio 2016, n. 449). In senso analogo cfr. anche C.d.S., Sez. V, 26 settembre 2013, n. 4792, secondo cui: "Il ricorso collettivo consente ad una pluralità di soggetti di adire il giudice amministrativo, invocando l'annullamento di uno stesso atto amministrativo, purché vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali e non vi sia un conflitto di interessi tra i ricorrenti; quest'ultima condizione va valutata alla luce dell'utilità che i ricorrenti intendono perseguire con il petitum giurisdizionale e con l'eventuale successiva attività amministrativa di esecuzione del decisum".

Inoltre, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ritenuto ammissibile anche un ricorso collettivo proposto da una pluralità di concorrenti nell'ambito di una stessa procedura concorsuale, affermando quanto segue: «Il Consiglio di Stato ha ritenuto che il ricorso collettivo è ammissibile nel solo caso in cui, oltre a sussistere "una situazione di identità sostanziale e processuale in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive", manchi un conflitto di interessi tra le parti (ex multis, C.d.S., IV, 29 dicembre 2011, n. 6990).

Nella fattispecie qui in esame, i ricorrenti di primo grado hanno fatto valere, tra l'altro, illegittimità derivanti dalle violazioni dei principi sull'anonimato, circostanza che esclude la presenza di situazioni confliggenti: l'accoglimento del ricorso, infatti, determinerebbe un'utilità per tutte le parti ricorrenti» (cfr. C.d.S., Sez. VI, 11 luglio 2013, n. 3747).

Se, dunque, occorre avere riguardo agli effetti della sentenza e - come chiarito dal passaggio della motivazione della pronuncia sopra riportato - è necessario verificare la configurabilità di "un'utilità per tutte le parti ricorrenti" derivante dalla pronuncia, deve ritenersi che, nel caso di specie, il ricorso collettivo sia ammissibile.

Il T.A.R., infatti, non ha proceduto a siffatta verifica e non ha adeguatamente ponderato gli effetti della decisione, limitandosi in via aprioristica ad attribuire decisivo rilievo al "conflitto di interessi sotteso alla contemporanea competizione" tra i ricorrenti. Tale situazione di conflitto, tuttavia, è con ogni evidenza riferita all'astratta condizione dei ricorrenti quali partecipanti alla medesima procedura concorsuale e prescinde da ogni valutazione relativa all'esito del presente giudizio poiché è direttamente connessa con la situazione sussistente a monte del processo.

Per contro - in modo del tutto analogo rispetto a quanto avvenuto nel caso esaminato dalla sentenza sopra richiamata, C.d.S., Sez. VI, 11 luglio 2013, n. 3747 - anche nell'ipotesi di cui al presente giudizio, gli effetti della sentenza di accoglimento determinerebbero la medesima "utilità per tutte le parti ricorrenti", poiché potrebbe essere riconosciuto a ciascuno il medesimo punteggio aggiuntivo, lasciando del tutto inalterata la situazione esistente tra loro. Ne consegue che, ove si aderisse alla prospettazione accolta dal T.A.R., si finirebbe per negare in radice la configurabilità del ricorso collettivo nell'ambito delle procedure concorsuali, in contrasto con la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato sopra richiamata.

Dalle considerazioni che precedono - e tenuto conto dell'omogeneità delle situazioni sostanziali, della coincidenza del petitum immediato (ossia il provvedimento richiesto al giudice), dell'identità dell'atto impugnato dai ricorrenti e dei motivi di diritto proposti - discende la fondatezza dei primi due motivi di appello, con la conseguenza che il ricorso collettivo deve essere ritenuto ammissibile per identità della situazione processuale come sopra definita e per l'assenza di conflitti anche solo potenziali avuto riguardo all'angolo prospettico connesso agli effetti della sentenza di accoglimento nei rapporti tra le parti.

9. Il terzo motivo di appello è del pari fondato poiché, a differenza di quanto rilevato dal T.A.R., è in atti la notifica al controinteressato dott. Andrea U. effettuata via PEC con il numero identificativo 202304726617, come risulta chiaramente dal fascicolo telematico sul sistema SIGA.

10. Dalla fondatezza dell'appello, deriva la riforma del capo della sentenza impugnata che ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio, con conseguente necessità di passare all'esame dei motivi di merito del ricorso di primo grado che sono stati assorbiti dal T.A.R. in ragione della definizione in rito e che sono stati ritualmente riproposti ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.a.

11. Nel merito, il ricorso è fondato.

Infatti, questa Sezione, con la sentenza 19 marzo 2024, n. 2649, ha chiarito - dopo un'ampia ricostruzione della normativa relativa alle nozioni di "laurea", "diploma di laurea", "laurea specialistica" e "laurea magistrale" - come debba ritenersi che il diploma di laurea magistrale a ciclo unico, quale quello posseduto dal ricorrente, abbia maggior valenza rispetto alla sola laurea triennale.

Al riguardo, deve evidenziarsi che i titoli di studio indicati nell'art. 7, comma 3, della lex specialis, che menziona la "laurea", il "diploma di laurea", la "laurea specialistica" e la "laurea magistrale", rinvengono una specifica corrispondenza, sotto il profilo letterale, nella normativa primaria e secondaria richiamata dal bando.

In particolare, dopo aver puntualmente individuato l'anzidetta normativa, la Sezione ha tratto le conseguenze che di seguito si riportano: «Con la riforma dell'ordinamento didattico universitario, dunque, il percorso di studi propedeutico al conseguimento del diploma di laurea del c.d. vecchio ordinamento è stato "sostituito" da un percorso di studi a struttura bifasica (c.d. 3 + 2) o articolato in 5 anni (c.d. laur[e]a magistrale a ciclo unico).

Tale corrispondenza di valore è del resto confermata dall'art. 1 del decreto interministeriale 9 luglio 2009, n 233, che, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi, equipara i diplomi di laurea di cui agli ordinamenti non ancora riformulati ai sensi del d.m. 509/1999 alle lauree specialistiche e alle lauree magistrali delle classi di cui ai dd.mm. 16 marzo 2007 e 8 gennaio 2009.

Dall'esame della riportata normativa emerge, dunque, la maggiore valenza del diploma di laurea magistrale a ciclo unico, quale quello posseduto dal ricorrente, rispetto alla sola laurea triennale.

Tale principio trova riscontro anche nella giurisprudenza di primo grado, la quale ha avuto modo di affermare che: "Nessun dubbio può sussistere in merito al fatto che il diploma di laurea vecchio ordinamento/la laurea magistrale (articolato su un percorso di studi quadriennale/quinquennale a ciclo unico) costituisca un titolo di studio superiore rispetto a quello utile alla semplice ammissione al concorso, rappresentato dalla laurea triennale. Ove tale superiore titolo non fosse valutabile quale titolo aggiuntivo, si genererebbe un'illogica e irragionevole disparità di trattamento tra candidati che hanno conseguito titoli di cultura manifestamente diversi tra loro e che si pongono a conclusione di percorsi di studi altrettanto diversi per livello di eterogeneità degli insegnamenti seguiti, degli esami sostenuti e delle esperienze accademiche maturate" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IV, 9 febbraio 2023, n. 2227).

L'irragionevolezza della clausola emerge altresì in ragione del differente trattamento riservato dalla medesima previsione della lex specialis ai candidati in possesso della laurea magistrale a ciclo unico (lo stesso ragionamento vale per il diploma di laurea vecchio ordinamento) rispetto a quelli in possesso di una laurea biennale (specialistica o magistrale), ai quali, in ragione del possesso anche della propedeutica laurea triennale, viene riconosciuto un punteggio complessivo pari a due punti (un punto per ogni titolo). In base all'interpretazione letterale della disposizione, invero, non appaiono prospettabili diverse soluzioni ermeneutiche che, ad esempio, riconoscano ai possessori di un titolo superiore, quale la laurea specialistica o magistrale, un unico punto in ragione dell'"assorbimento" della laurea triennale, che necessariamente lo precede».

12. In conformità con l'orientamento appena menzionato, al quale il Collegio intende dare continuità, deve essere accolto il motivo di ricorso proposto in primo grado con conseguente annullamento, limitatamente alla posizione del dott. D.M., dei provvedimenti impugnati meglio indicati in atti e, in particolare, delle graduatorie finali di merito pubblicate in data 19 aprile 2023.

Dall'accoglimento del predetto motivo, deriva, sotto il profilo dell'effetto conformativo della presente sentenza, ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a., che la commissione dovrà rivalutare la posizione dell'appellante sotto il profilo del punteggio spettante in ragione del possesso del diploma di laurea magistrale a ciclo unico.

13. In ragione della parziale novità delle questioni sottese al gravame in esame, il Collegio ravvisa eccezionali ragioni, ex artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c., per compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi e limiti di cui in motivazione, con conseguente annullamento degli atti impugnati, limitatamente alla posizione dell'appellante Gianluigi D.M. e, per l'effetto, dispone che la commissione giudicatrice rivaluti il punteggio da attribuire all'appellante in ragione del possesso del diploma di laurea magistrale a ciclo unico.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. IV-ter, sent. n. 11343/2023.