Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione VII
Sentenza 20 maggio 2025, n. 3879
Presidente: Durante - Estensore: Flammini
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 22 febbraio 2021 e depositato il successivo 17 marzo, la ricorrente - premesso di essere stata proprietaria di un fondo sito in Massa Lubrense, adiacente il proprio villino di abitazione, alla via Pontone 3, di Sant'Agata sui due golfi - deduceva che:
- con delibere consiliari n. 62 del 5 luglio 1999 e n. 79 del 4 ottobre 1999 il Comune di Massa Lubrense aveva adottato ed approvato il Piano degli Insediamenti Produttivi (P.I.P.), ex art. 27 l. 865/1971, pubblicato sul BURC del 6 dicembre 1999;
- nell'ambito di tale P.I.P. il fondo di sua proprietà era stato destinato ad "insediamenti produttivi artigianali";
- con atto del 21 dicembre 2005, il Comune di Massa Lubrense aveva quindi costituito la "Massalubrense S.p.A. Unipersonale - Società di Trasformazione Urbana" (S.T.U.), il cui statuto prevedeva la realizzazione di interventi di trasformazione urbana "per l'attuazione degli strumenti urbanistici vigenti" (art. 5), con facoltà di acquisire in proprietà le relative aree;
- rimasto inattuato il P.I.P. e prima della scadenza della sua efficacia decennale, aveva quindi intimato (5 novembre 2009) al Comune "la restituzione dell'immobile [nelle more] illegittimamente occupato" dalla S.T.U. "Massa Lubrense S.p.A. Unipersonale";
- il responsabile dell'Ufficio espropriazioni del Comune, con nota 13 ottobre 2009, le aveva invece comunicato sensi del d.P.R. 327/2001, "l'avvio per la dichiarazione di pubblica utilità e l'indennità provvisoria di esproprio", sicché con atto di "cessione volontaria in luogo di esproprio di terreno edificabile" del 24 febbraio 2011, aveva trasferito l'area di proprietà alla "Massalubrense S.p.A.";
- ciononostante, trascorsi oltre 10 anni dalla perdita di efficacia del P.I.P., non si era dato inizio all'intervento ed il Comune non intendeva "più realizzare l'intervento a favore dell'artigianato previsto dal P.I.P. perché superato dalle nuove esigenze della collettività", volendo invece destinare l'area a centro per il trattamento, trasferimento e riuso dei rifiuti urbani ingombranti.
2. Tanto premesso in punto di fatto, rilevata la perdita di efficacia del P.I.P. del 1999 ed il mutamento delle determinazioni dell'ente locale quanto alla destinazione dell'area trasferita, la ricorrente, ritenuti integrati i presupposti di cui all'art. 46 d.P.R. 327/2001, chiedeva accertarsi il proprio diritto alla retrocessione totale del fondo, con piena reintegrazione del proprio diritto di proprietà, successivamente depositando documenti a sostegno (31 marzo 2025).
3. Il 3 aprile 2025, si costituiva il Comune di Massa Lubrense ed il 9 aprile 2025, la ricorrente depositava memoria insistendo per l'accoglimento del ricorso.
4. All'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del 15 maggio 2025, tenutasi mediante collegamento da remoto via Teams, il ricorso, previo rilievo d'ufficio della possibile inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, era trattenuto in decisione.
5. Oggetto dell'odierno contendere è la richiesta di retrocessione totale ex art. 46 d.P.R. 327/2001 dei terreni siti in Massa Lubrense, alla via Pontone 3, di Sant'Agata sui due golfi, già di proprietà della ricorrente e da questa ceduti al Comune di Massa Lubrense nel 2011 per realizzare le opere previste dal P.I.P. (adottato ed approvato con le delibere consiliari n. 62 del 5 luglio 1999 e n. 79 del 4 ottobre 1999) e mai attuate. In questi termini sinteticamente circoscritto il thema decidendum, ritiene il Collegio - coerentemente al rilievo in termini formulato all'udienza del 15 maggio 2025 - che la controversia esuli dalla competenza giurisdizionale di questo giudice amministrativo, appartenendo invero alla cognizione del giudice ordinario. Per come infatti chiarito da recente giurisprudenza amministrava cui il Tribunale in questa sede ritiene di aderire, per il caso, come quello in esame, "di mancata esecuzione dell'opera pubblica nei termini previsti sussiste un diritto soggettivo alla retrocessione totale in capo al soggetto espropriato, azionabile dinanzi al giudice ordinario", non restando la pretesa alla restituzione, in base al disposto di cui all'art. 46 d.P.R. 327/2001 e diversamente da quanto previsto dal successivo art. 47 (retrocessione parziale), subordinata ad alcun potere di valutazione discrezionale dell'amministrazione («Tale distinzione tra retrocessione totale e parziale, fondata sull'esecuzione o meno dell'opera pubblica, ha dei risvolti anche in punto di riparto di giurisdizione. Invero, mentre nel caso di mancata esecuzione dell'opera pubblica nei termini previsti sussiste un diritto soggettivo alla retrocessione totale in capo al soggetto espropriato, azionabile dinanzi al giudice ordinario, nel caso invece in cui, dopo la esecuzione totale o parziale dell'opera medesima, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione, l'ex proprietario è titolare di un interesse legittimo pretensivo alla retrocessione parziale dei beni, tutelabile innanzi al giudice amministrativo, essendo la pretesa alla restituzione subordinata ad una valutazione discrezionale dell'amministrazione. Solo dopo che sia stata emanata la formale dichiarazione di inservibilità, gli espropriati sono titolari, come per la retrocessione totale, di un diritto soggettivo, lo jus ad rem, che consente loro di agire per chiedere la restituzione dei beni espropriati e non utilizzati (cfr. C.d.S., Sez. IV, 2 gennaio 2019, n. 22). Sul punto, infatti, occorre ribadire il consolidato orientamento della Corte di cassazione secondo cui "Ai fini dell'indagine sulla proponibilità davanti al giudice ordinario della domanda di retrocessione di beni espropriati, occorre distinguere l'ipotesi in cui l'opera pubblica non sia stata eseguita, e siano decorsi i termini a tale uopo concessi o prorogati (art. 63 l. 25 giugno 1865, n. 2359), dall'ipotesi in cui, dopo la esecuzione totale o parziale dell'opera medesima, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione (art. 60 e 61 della citata legge), atteso che, mentre nel primo caso il diritto soggettivo alla retrocessione, azionabile davanti all'Ago, sorge automaticamente per effetto di detta mancata realizzazione, e quindi a prescindere da qualsiasi valutazione discrezionale dell'amministrazione, nel secondo caso il diritto stesso nasce solo se ed in quanto l'amministrazione, con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione soggettiva del privato è di interesse legittimo) abbia dichiarato che quei fondi più non servano all'opera pubblica" (Cass., Sez. un., 8 marzo 2006, n. 4894). Cfr., C.d.S., Sez. IV, 30 agosto 2024, n. 7317, in senso conforme, vedi anche C.d.S., Sez. II, 4 aprile 2022, n. 2470, per cui: "La giurisprudenza, invero, distingue, anche ai fini della giurisdizione, tra retrocessione totale e retrocessione parziale, assegnando le controversie relative alla prima alla giurisdizione ordinaria e quelle relative alla seconda alla giurisdizione amministrativa. In proposito si osserva che in caso di retrocessione totale è acclarato che il bene espropriato non è stato oggetto o non è più utilizzabile per l'opera alla cui realizzazione esso era stato destinato dalla dichiarazione di pubblica utilità, mentre nell'ipotesi retrocessione parziale l'intervento è stato realizzato e l'inutilizzazione del terreno potrebbe essere solo temporanea o comunque superabile (cfr., ex aliis, Cass. civ., Sez. un., 11 novembre 2009, n. 23823; C.d.S., Sez. II, 9 dicembre 2019, n. 8387; Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4131). Ne discendono le diverse finalità sottese ai distinti regimi di tutela accordato al privato nelle due fattispecie: per la retrocessione totale viene in rilievo la definitiva inutilità del bene o comunque semplicemente la mancata attuazione dell'intera opera o finalità pubblica, per fattori sopravvenuti, difficoltà attuative o finanche errori di programmazione o di realizzazione, per cui non vi è ragione, ove la parte ne manifesti la volontà, di non restituirle un bene, destinato comunque ad essere inutilizzato, quanto meno per le finalità originarie, mentre, per la retrocessione parziale, quale che sia la motivazione del mancato utilizzo, ivi compresa una stigmatizzabile incuria dell'amministrazione procedente, l'intervento complessivo è stato realizzato, per cui per escludere l'asservimento allo stesso della singola porzione, pur all'attualità e/o all'apparenza inutile, è necessaria una concreta valutazione da parte della stessa (cfr., ex aliis, C.d.S., Sez. II, 30 marzo 2020, n. 2159; Sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3275)").
5.1. In applicazione dei principi sin qui esposti e ribadito che, nel caso di specie, si verte in un'ipotesi di retrocessione totale (art. 46 d.P.R. 327/2001), per mancata realizzazione dell'opera pubblica (per come indirettamente confermato dalla volontà del Comune di adibire ad altro l'area di interesse), va dichiarata l'inammissibilità del ricorso, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice ordinario, presso il quale il presente giudizio potrà essere riproposto, entro il termine di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a.
5.2. Il tenore della presente decisione unitamente alla specificità della vicenda sottesa giustificano l'integrale compensazione, tra tutte le parti in causa, delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.