Corte di giustizia dell'Unione Europea
Decima Sezione
Sentenza 12 giugno 2025
Presidente: Gratsias - Relatore: Regan
«Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori - Direttiva 89/391/CEE - Misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - Articoli 5, 6 e 9 - Obblighi dei datori di lavoro - Direttiva 2000/54/CE - Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro - Articolo 14, paragrafo 3 - Sorveglianza sanitaria - Messa a disposizione di vaccini efficaci - Allegato VII, punti 1 e 2 - Normativa nazionale che consente al datore di lavoro di assoggettare il lavoratore esposto ad un rischio biologico ad un obbligo vaccinale - Virus SARS-CoV-2».
Nella causa C‑219/24, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Riigikohus (Corte suprema, Estonia), con decisione del 12 marzo 2024, pervenuta in cancelleria il 22 marzo 2024, nel procedimento A e a. contro Tallinna linn.
[...]
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l'interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 3, dell'articolo 6, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettere a) e g), nonché dell'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU 1989, L 183, pag. 1), dell'articolo 1, paragrafo 1, dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, dell'articolo 14, paragrafo 3, nonché dell'allegato VII, punti 1 e 2, della direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU 2000, L 262, pag. 21, e rettifica in GU L, 2023/90059), come modificata dalla direttiva (UE) 2020/739 della Commissione, del 3 giugno 2020 (GU 2020, L 175, pag. 11) (in prosieguo: la «direttiva 2000/54»), e dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'articolo 31, paragrafo 1, nonché dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra, da un lato, A e a., che sono diversi membri del personale operativo incaricato degli interventi di emergenza in seno alla Tallinna Kiirabi (servizio di ambulanze di Tallinn, Estonia), e, dall'altro, la Tallinna linn (città di Tallinn) in merito alla risoluzione dei loro contratti di lavoro a causa dell'assenza di prove di vaccinazione contro il virus SARS-CoV-2 o di una controindicazione a tale vaccinazione.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
Direttiva 89/391
3. Il primo considerando della direttiva 89/391 enuncia quanto segue:
«considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».
4. L'articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva ha lo scopo di attuare misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
2. A tal fine, essa comprende principi generali relativi alla prevenzione dei rischi professionali e alla protezione della sicurezza e della salute, all'eliminazione dei fattori di rischio e di incidente, all'informazione, alla consultazione, alla partecipazione equilibrata conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, alla formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, nonché direttive generali per l'attuazione dei principi generali precitati.
3. La presente direttiva non pregiudica le disposizioni nazionali e comunitarie, vigenti o future, che sono più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro».
5. Ai sensi dell'articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Definizioni»:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)
d) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure prese o previste in tutte le fasi dell'attività nell'impresa per evitare o diminuire i rischi professionali».
6. L'articolo 5 della direttiva 89/391, intitolato «Disposizioni generali», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:
«Il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro».
7. L'articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Obblighi generali dei datori di lavoro», così dispone:
«1. Nel quadro delle proprie responsabilità il datore di lavoro prende le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, comprese le attività di prevenzione dei rischi professionali, d'informazione e di formazione, nonché l'approntamento di un'organizzazione e dei mezzi necessari.
Il datore di lavoro deve provvedere costantemente all'aggiornamento di queste misure, per tener conto dei mutamenti di circostanze e mirare al miglioramento delle situazioni esistenti.
2. Il datore di lavoro mette in atto le misure previste al paragrafo 1, primo comma, basandosi sui seguenti principi generali di prevenzione:
a) evitare i rischi;
b) valutare i rischi che non possono essere evitati;
(...)
g) programmare la prevenzione, mirando ad un complesso coerente che integri nella medesima la tecnica, l'organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
(...)».
8. L'articolo 9 di detta direttiva, intitolato «Vari obblighi dei datori di lavoro», al paragrafo 1 così dispone:
«Il datore di lavoro deve:
a) disporre di una valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, inclusi i rischi riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari;
b) determinare le misure protettive da prendere e, se necessario, l'attrezzatura di protezione da utilizzare;
(...)».
9. L'articolo 16 della direttiva 89/391, intitolato «Direttive particolari - Modifiche - Portata generale della presente direttiva», al paragrafo 3 enuncia quanto segue:
«Le disposizioni della presente direttiva si applicano interamente all'insieme dei settori contemplati dalle direttive particolari, fatte salve le disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute in queste direttive particolari».
Direttiva 2000/54
10. Il considerando 8 della direttiva 2000/54 così recita:
«Devono essere prese misure preventive per garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori esposti agli agenti biologici».
11. L'articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva ha per oggetto la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro sicurezza e la loro salute dall'esposizione agli agenti biologici durante il lavoro, ivi compresa la prevenzione di tali rischi.
Essa fissa le prescrizioni minime particolari in questo settore.
2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano integralmente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute nella presente direttiva.
(...)».
12. Ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 2000/54, intitolato «Definizioni»:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) "agente biologico": qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o tossicità;
(...)
Gli agenti biologici sono suddivisi in quattro gruppi di rischio, a seconda del livello di rischio di infezione:
(...)
3) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
(...)».
13. L'articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Campo di applicazione - Individuazione e valutazione dei rischi», prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva si applica alle attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti biologici a causa della loro attività professionale.
2. Per qualsiasi attività che possa comportare un rischio di esposizione ad agenti biologici, si deve determinare la natura, il grado e la durata dell'esposizione dei lavoratori, in modo da poter valutare i rischi per la salute o la sicurezza dei lavoratori e determinare le misure da adottare.
(...)».
14. L'articolo 6 di detta direttiva, intitolato «Riduzione dei rischi», così dispone:
«1. Se i risultati della valutazione di cui all'articolo 3, rivelano un rischio per la salute o la sicurezza dei lavoratori, l'esposizione di questi ultimi deve essere evitata.
2. Ove ciò non sia tecnicamente fattibile, tenendo presente l'attività lavorativa e la valutazione del rischio di cui all'articolo 3, l'esposizione deve essere ridotta al livello più basso necessario per proteggere adeguatamente la salute e sicurezza dei lavoratori interessati (...)
(...)».
15. L'articolo 14 della medesima direttiva, intitolato «Sorveglianza sanitaria», così recita:
«1. Gli Stati membri adottano, conformemente alle legislazioni e alle prassi nazionali, disposizioni atte a garantire l'adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori per la cui sicurezza o salute sussista un rischio sulla base dei risultati della valutazione di cui all'articolo 3.
(...)
3. La valutazione di cui all'articolo 3 dovrebbe consentire di individuare i lavoratori per i quali possono essere necessarie misure speciali di protezione.
Se del caso, dovranno essere resi disponibili vaccini efficaci per i lavoratori che non siano già immuni all'agente biologico al quale sono o possono essere esposti.
Quando il datore di lavoro mette a disposizione dei vaccini, essi dovrebbero tener conto del codice di condotta raccomandato di cui all'allegato VII.
(...)».
16. L'allegato III della direttiva 2000/54, intitolato «Classificazione comunitaria (articolo 2, secondo comma, e articolo 18)», elenca, sotto la rubrica «Virus», l'agente biologico «Coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave 2 (SARS-CoV-2)» nel gruppo di rischio 3.
17. L'allegato VII di tale direttiva, intitolato «Codice di condotta raccomandato per la vaccinazione (articolo 14, paragrafo 3)», è così formulato:
«1. Qualora la valutazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, riscontri un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, i datori di lavoro dovrebbero offrire la vaccinazione ai lavoratori.
2. La vaccinazione dovrebbe aver luogo conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.
I lavoratori dovrebbero essere informati circa vantaggi e inconvenienti sia della vaccinazione sia della non vaccinazione.
(...)».
Diritto estone
18. L'articolo 13 della töötervishoiu ja tööohutuse seadus (legge sulla salute e la sicurezza sul lavoro), del 16 giugno 1999 (RT I 1999, 60, 616), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «TTOS»), intitolato «Obblighi e diritti del datore di lavoro», al paragrafo 2 prevede quanto segue:
«Il datore di lavoro può imporre requisiti in materia di salute e di sicurezza più rigorosi di quelli previsti dalla legge».
19. Adottato sulla base della TTOS, l'articolo 6 del Vabariigi Valitsuse määrus nr 144 «Bioloogilistest ohuteguritest mõjutatud töökeskkonna töötervishoiu ja tööohutuse nõuded» (regolamento n. 144 del governo della Repubblica relativo ai «requisiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro per l'ambiente di lavoro colpito da fattori di rischio biologico»), del 5 maggio 2000 (RT I 2000, 38, 234), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto sui rischi biologici»), intitolato «Riduzione dei rischi per la salute», al paragrafo 2, punto 7, così dispone:
«(...) i rischi per la salute dei lavoratori devono essere ridotti al livello più basso possibile, applicando le seguenti misure:
(...)
7) garantire che i lavoratori esposti a fattori di rischio biologico per i quali esistono vaccini efficaci abbiano la possibilità di essere vaccinati».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
20. Il 30 gennaio 2020, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha annunciato un'emergenza sanitaria di portata internazionale, dichiarando così ufficialmente l'inizio della pandemia da COVID-19 causata dalla diffusione del virus SARS-CoV-2.
21. Il 4 marzo 2021, la città di Tallinn ha convalidato una valutazione dei rischi sul luogo di lavoro, il cui piano d'azione prevedeva, inter alia, la vaccinazione dei suoi lavoratori al fine di ridurre il rischio di contaminazione da parte di una malattia trasmissibile pericolosa, quale il virus SARS-CoV-2, e di attenuare i rischi ad essa associati.
22. Il 16 aprile 2021, la città di Tallinn ha modificato le norme professionali applicabili agli autisti di ambulanze, prevedendo la necessità della vaccinazione contro le malattie trasmissibili pericolose per esercitare la professione. Essa ha concesso ai ricorrenti nel procedimento principale un termine per fornire la prova, a seconda dei casi, di una vaccinazione contro il virus SARS-CoV-2 o di una controindicazione a tale vaccinazione, avvertendoli che, in mancanza di una prova del genere, i loro contratti di lavoro avrebbero potuto essere risolti.
23. Poiché i ricorrenti nel procedimento principale non hanno fornito tale prova, la città di Tallinn ha proceduto, nel corso del mese di luglio del 2021, alla risoluzione eccezionale dei loro contratti di lavoro, per il motivo che la specificità del mestiere di autista di ambulanze esige e giustifica la vaccinazione delle persone che lo esercitano e che, poiché nessun'altra misura è sufficiente per tutelare la salute dei pazienti, degli altri lavoratori e del lavoratore stesso, il lavoro di autista di ambulanze può essere effettuato solo da persone vaccinate.
24. Con decisione del 29 settembre 2022, lo Harju Maakohus (Tribunale di primo grado di Harju, Estonia), investito dai ricorrenti nel procedimento principale di un ricorso diretto a contestare la risoluzione del loro contratto di lavoro e a chiedere alla città di Tallinn un risarcimento per risoluzione abusiva, ha parzialmente accolto tale ricorso. Tale giudice ha dichiarato che detta risoluzione era nulla per il motivo che la città di Tallinn non poteva imporre unilateralmente un obbligo vaccinale in assenza di legge o di decreto del potere esecutivo che glielo consentisse. Di conseguenza, esso ha condannato la città di Tallinn al pagamento di un indennizzo, benché di importo inferiore a quello richiesto dai ricorrenti nel procedimento principale.
25. I ricorrenti nel procedimento principale e la città di Tallinn hanno interposto appello avverso tale decisione dinanzi alla Tallinna Ringkonnakohus (Corte d'appello di Tallinn, Estonia), la quale, con decisione del 26 maggio 2023, ha dichiarato, pur annullando parzialmente la decisione dello Harju Maakohus (Tribunale di primo grado di Harju) per quanto riguarda l'importo dell'indennizzo, che la città di Tallinn non poteva imporre unilateralmente un obbligo vaccinale, sottolineando al riguardo che, in particolare, né l'articolo 13, paragrafo 2, della TTOS né l'articolo 6, paragrafo 2, punto 7, del decreto sui rischi biologici le conferivano la facoltà di imporre un siffatto obbligo.
26. La città di Tallinn ha proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione dinanzi alla Riigikohus (Corte suprema, Estonia), giudice del rinvio.
27. Tale giudice ritiene che, al fine di risolvere il procedimento principale, occorra, in particolare, rispondere alla questione se la città di Tallinn potesse esigere dai ricorrenti nel procedimento principale, quale condizione per la prosecuzione della loro attività professionale presso il servizio di ambulanza, che essi fossero vaccinati contro il virus SARS-CoV-2 o se una siffatta vaccinazione presupponesse l'accordo delle parti del contratto di lavoro. La risposta a tale questione dipenderebbe, in particolare, dalla questione se la vaccinazione debba essere considerata come un requisito in materia di salute e di sicurezza sul lavoro o come una misura unilaterale del datore di lavoro in un contesto caratterizzato dall'assenza di una normativa nazionale che definisca i settori di attività o le professioni per i quali la vaccinazione contro il virus SARS-CoV-2 è obbligatoria.
28. Il giudice del rinvio ricorda che, secondo il diritto estone, il datore di lavoro deve garantire al dipendente condizioni di lavoro conformi ai requisiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che, a tal fine, l'articolo 13, paragrafo 2, della TTOS prevede che il datore di lavoro possa imporre requisiti più rigorosi di quelli previsti dalla normativa nazionale. Pertanto, nel caso di specie, la città di Tallinn, dopo aver proceduto ad una valutazione dei rischi, avrebbe obbligato i ricorrenti nel procedimento principale a farsi vaccinare contro il virus SARS-CoV-2, sulla base dell'articolo 13, paragrafo 2, della TTOS, il quale avrebbe recepito nel diritto estone le disposizioni delle direttive 89/391 e 2000/54.
29. In tale contesto, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla questione se una normativa nazionale che consente a un datore di lavoro di imporre ai suoi lavoratori un obbligo vaccinale senza il loro consenso, quale condizione per la prosecuzione del rapporto di lavoro, sia compatibile con tali direttive, tenuto conto anche del diritto all'integrità della persona, garantito dall'articolo 3 della Carta.
30. Da un lato, la vaccinazione dei lavoratori al fine di garantire la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro sarebbe disciplinata dalla direttiva 2000/54. Orbene, si potrebbe dedurre dall'articolo 14, paragrafo 3, e dall'allegato VII di tale direttiva che la vaccinazione è facoltativa, in quanto il datore di lavoro ha il solo obbligo di garantire che la vaccinazione sia possibile nonché di informare i lavoratori sui vantaggi e sugli inconvenienti sia della vaccinazione sia dell'assenza di vaccinazione. Parimenti, dall'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della Carta risulterebbe che, nell'ambito della medicina, è richiesto il consenso libero e informato della persona interessata.
31. Dall'altro lato, dall'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 89/391 e dall'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2000/54 risulterebbe che tali direttive fissano solo prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute durante il lavoro. Dette direttive non osterebbero quindi all'applicazione di disposizioni nazionali più favorevoli in materia. Sarebbe dunque possibile adottare l'interpretazione secondo cui il datore di lavoro può obbligare i lavoratori alla vaccinazione senza il loro consenso quale misura di salute e di sicurezza durante il lavoro più favorevole per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori rispetto ai requisiti minimi fissati dalle medesime direttive.
32. Nell'ipotesi in cui l'imposizione da parte del datore di lavoro di un obbligo vaccinale fosse contraria alle direttive 89/391 e 2000/54, il giudice del rinvio ritiene che la TTOS e il decreto sui rischi biologici debbano essere interpretati conformemente a tali direttive, nel senso che essi non conferiscono al datore di lavoro la facoltà di imporre unilateralmente un obbligo vaccinale ai suoi lavoratori, privando, pertanto, di qualsiasi fondamento giuridico la risoluzione dei contratti di lavoro dei ricorrenti nel procedimento principale.
33. In tali circostanze, la Riigikohus (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l'articolo 14, paragrafo 3, e l'allegato VII, punti 1 e 2, in combinato disposto con il considerando 8, l'articolo 1, paragrafo 1, e l'articolo 3, paragrafi 1 e 2, della [direttiva 2000/54], possano essere interpretati nel senso che una normativa, la quale consente ad un datore di lavoro di imporre la vaccinazione a lavoratori esposti ad agenti biologici e che hanno un rapporto di lavoro con detto datore, è compatibile con le suddette disposizioni.
Questioni esplicative:
[2)] Se la vaccinazione costituisca una misura di tutela della salute sul luogo di lavoro ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3, della [direttiva 2000/54], che il datore di lavoro può imporre in un rapporto di lavoro esistente a prescindere dal consenso del lavoratore esposto ad agenti biologici.
[3)] Se sia conforme alle disposizioni dell'articolo 1, paragrafo 3, dell'articolo 6, paragrafi 1 e 2, lettere a) e g), e dell'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), della [direttiva 89/391], nonché dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'articolo 31, paragrafo 1, e dell'articolo 52, paragrafo 1, della [Carta], il fatto che un datore di lavoro prescriva l'obbligatorietà di una vaccinazione in un rapporto di lavoro esistente».
Sulle questioni pregiudiziali
34. Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 6, paragrafi 1 e 2, nonché l'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391, l'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2000/54, in combinato disposto con l'allegato VII, punti 1 e 2, della stessa, e l'articolo 3, paragrafo 1, nonché l'articolo 31, paragrafo 1, della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale un datore di lavoro può obbligare i lavoratori con i quali ha concluso un contratto di lavoro a farsi vaccinare se sono esposti a un rischio biologico.
35. Per quanto concerne, in primo luogo, la direttiva 89/391, occorre ricordare che, conformemente al suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, tale direttiva contiene, ai fini dell'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, principi generali riguardanti, in particolare, la prevenzione dei rischi professionali nonché la protezione della sicurezza e della salute.
36. Come la Corte ha già dichiarato, risulta, al riguardo, dall'articolo 5, paragrafo 1, e dall'articolo 6 di detta direttiva che i datori di lavoro sono tenuti a valutare e a prevenire i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori connessi al loro ambiente di lavoro [sentenza del 9 marzo 2021, Radiotelevizija Slovenija (Periodo di reperibilità in un luogo isolato), C-344/19, EU:C:2021:182, punto 62 e giurisprudenza citata].
37. In particolare, l'articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/391 prevede che il datore di lavoro sia tenuto, nell'ambito delle sue responsabilità, a prendere le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, compresa la prevenzione dei rischi professionali, quale definita all'articolo 3, lettera d), di tale direttiva, sulla base di principi generali di prevenzione. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, lettere a), b) e g), di detta direttiva, tali principi generali consistono, in particolare, nell'evitare i rischi, nel valutare i rischi che non possono essere evitati e nel programmare la prevenzione, mirando ad un complesso coerente che integri nella medesima la tecnica, l'organizzazione del lavoro, le condizioni di lavoro, le relazioni sociali e l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro.
38. Pertanto, conformemente all'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 89/391, il datore di lavoro deve procedere ad una valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori nonché determinare le misure di protezione da adottare per evitare o ridurre tali rischi.
39. Per contro, è giocoforza constatare che la direttiva 89/391 non contiene alcuna disposizione relativa alla vaccinazione dei lavoratori, cosicché da tale direttiva non si può trarre alcun insegnamento quanto alla possibilità per gli Stati membri di prevedere un obbligo vaccinale.
40. Per quanto riguarda, in secondo luogo, la direttiva 2000/54, si deve osservare che tale direttiva ha lo scopo, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, primo comma, di proteggere i lavoratori contro i rischi, compresa la loro prevenzione, per la loro sicurezza e la loro salute che derivano o possono derivare dall'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro, i quali sono, da un lato, definiti alla lettera a) del primo comma dell'articolo 2 di detta direttiva e, dall'altro, classificati conformemente al secondo comma di tale articolo 2. In forza dell'allegato III della direttiva 2000/54, il SARS-CoV-2 è elencato come un siffatto agente biologico nel gruppo di rischio 3, ai sensi dell'articolo 2, secondo comma, punto 3, di tale direttiva.
41. Conformemente all'articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 89/391 e all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2000/54, le disposizioni più vincolanti e/o specifiche di quest'ultima direttiva si applicano a tutti i settori disciplinati dalla direttiva 89/391.
42. In tale contesto, occorre rilevare, in particolare, che l'articolo 3, paragrafo 2, nonché l'articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/54 prevedono, al pari, in sostanza, dell'articolo 6, paragrafi 1 e 2, nonché dell'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 89/391, che il datore di lavoro sia tenuto, per qualsiasi attività che possa presentare un rischio di esposizione ad agenti biologici, a determinare la natura, il grado e la durata di esposizione dei lavoratori al fine di procedere a una valutazione dei rischi per la loro salute o la loro sicurezza nonché ad adottare le misure di protezione necessarie per evitare o, qualora ciò non sia tecnicamente fattibile, per ridurre tali rischi.
43. Inoltre, conformemente ai paragrafi 1 e 3 dell'articolo 14 della direttiva 2000/54, al fine di garantire l'adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori per i quali i risultati di tale valutazione rivelano l'esistenza di un rischio per la sicurezza o la salute dei lavoratori, detta valutazione dovrebbe individuare i lavoratori per i quali possono essere necessarie misure speciali di protezione. Il paragrafo 3 di tale articolo 14 precisa al riguardo, ai sensi, rispettivamente, del secondo e del terzo comma, che, da un lato, «[s]e del caso, dovranno essere resi disponibili vaccini efficaci per i lavoratori che non siano già immuni all'agente biologico al quale sono o possono essere esposti» e, dall'altro, «[q]uando il datore di lavoro mette a disposizione dei vaccini, essi dovrebbero tener conto del codice di condotta raccomandato di cui all'allegato VII [di tale direttiva]».
44. I punti 1 e 2 di questo allegato VII precisano che, se esiste un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, il loro datore di lavoro dovrebbe «offrire» loro la vaccinazione, e che tale vaccinazione dovrebbe aver luogo «conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali», e i lavoratori devono, peraltro, essere informati circa vantaggi e inconvenienti «sia della vaccinazione sia della non vaccinazione».
45. Ne consegue che, sebbene l'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2000/54, in combinato disposto con i punti 1 e 2 dell'allegato VII di quest'ultima, imponga ai datori di lavoro l'obbligo, qualora esista un vaccino efficace, di consentire l'accesso a un siffatto vaccino ai lavoratori interessati e, correlativamente, conferisca a questi ultimi il diritto di avere accesso a tale vaccino, detta direttiva non prevede se e in quali circostanze i datori di lavoro possano imporre una siffatta vaccinazione al fine di proteggere i lavoratori interessati o altre categorie di persone e, correlativamente, se e in quali circostanze a tali lavoratori possa essere imposto l'obbligo di sottoporsi a detta vaccinazione o se, al contrario, possano rifiutarla.
46. Ne risulta che, con le direttive 89/391 e 2000/54, il legislatore dell'Unione europea non ha inteso definire le condizioni alle quali gli Stati membri sarebbero legittimati a prevedere un obbligo vaccinale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale.
47. In proposito, occorre ricordare che, conformemente all'articolo 153, paragrafo 2, lettera b), TFUE, sia la direttiva 89/391, come risulta dal suo primo considerando, sia la direttiva 2000/54, come previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, di quest'ultima, fissano unicamente «prescrizioni minime» per quanto concerne la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.
48. Orbene, un obbligo vaccinale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui si aggiunge all'obbligo incombente al datore di lavoro di consentire l'accesso alla vaccinazione, non può, in quanto tale, compromettere o limitare la tutela minima garantita dall'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2000/54, in combinato disposto con i punti 1 e 2 dell'allegato VII di quest'ultima, né violare altre disposizioni di tale direttiva o pregiudicare la coerenza e gli obiettivi di quest'ultima (v., per analogia, sentenza del 19 novembre 2019, TSN e AKT, C‑609/17 e C‑610/17, EU:C:2019:981, punto 51).
49. Per quanto concerne, in terzo luogo, l'articolo 3, paragrafo 1, e l'articolo 31, paragrafo 1, della Carta, relativi, rispettivamente, al diritto all'integrità fisica e mentale della persona e al diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro che rispettino la sua salute, la sua sicurezza e la sua dignità, occorre ricordare che l'ambito di applicazione della Carta è definito al suo articolo 51, paragrafo 1, ai sensi del quale le sue disposizioni si applicano agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione.
50. In proposito, si deve rammentare che la nozione di «attuazione del diritto dell'Unione», ai sensi di tale disposizione, presuppone l'esistenza di un collegamento tra un atto del diritto dell'Unione e la misura nazionale in questione che vada al di là dell'affinità tra le materie prese in considerazione o dell'influenza indirettamente esercitata da una materia sull'altra (sentenze del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 34, nonché del 3 aprile 2025, Swiftair, C‑701/23, EU:C:2025:237, punto 29).
51. Ne risulta, secondo una costante giurisprudenza, che i diritti fondamentali garantiti nell'ordinamento giuridico dell'Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell'Unione, ma non al di fuori di esse (sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19, e del 13 giugno 2024, Monmorieux, C‑380/23, EU:C:2024:500, punto 29).
52. Pertanto, la Corte ha affermato, in particolare, che erano inapplicabili i diritti fondamentali dell'Unione ad una normativa nazionale per il fatto che le disposizioni del diritto dell'Unione relative al settore interessato non imponevano alcun obbligo specifico agli Stati membri in relazione ad una determinata situazione [sentenze del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 35, nonché del 28 novembre 2024, PT (Accordo tra il pubblico ministero e l'autore di un reato), C‑432/22, EU:C:2024:987, punto 36].
53. In un caso del genere, la normativa nazionale che uno Stato membro adotta in merito a detta situazione si colloca al di fuori dell'ambito di applicazione della Carta e, pertanto, tale situazione non può essere valutata alla luce delle disposizioni di quest'ultima (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2022, Curtea de Apel Alba Iulia e a., C‑301/21, EU:C:2022:811, punto 75 nonché giurisprudenza citata).
54. Orbene, dai punti da 35 a 48 della presente sentenza risulta che un obbligo vaccinale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, il quale, secondo il giudice del rinvio, deriva dall'articolo 13, paragrafo 2, della TTOS, non rientra nell'ambito di applicazione delle direttive 89/391 e 2004/54. Tale obbligo vaccinale non costituisce quindi un'«attuazione» del diritto dell'Unione, ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2023, Azienda Ospedale-Università di Padova, C‑765/21, EU:C:2023:566, punto 44).
55. Ne consegue che una disposizione nazionale, come l'articolo 13, paragrafo 2, della TTOS, si colloca al di fuori dell'ambito di applicazione della Carta e non può, pertanto, essere valutata alla luce delle disposizioni di quest'ultima, in particolare del suo articolo 3, paragrafo 1, o del suo articolo 31, paragrafo 1.
56. Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l'articolo 6, paragrafi 1 e 2, nonché l'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391, e l'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2000/54, in combinato disposto con l'allegato VII, punti 1 e 2, della stessa, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un datore di lavoro può obbligare i lavoratori con i quali ha concluso un contratto di lavoro a farsi vaccinare se sono esposti a un rischio biologico.
Sulle spese
57. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Decima Sezione) dichiara:
L'articolo 6, paragrafi 1 e 2, nonché l'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e l'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), come modificata dalla direttiva (UE) 2020/739 della Commissione, del 3 giugno 2020, in combinato disposto con l'allegato VII, punti 1 e 2, della direttiva 2000/54, come modificata, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale un datore di lavoro può obbligare i lavoratori con i quali ha concluso un contratto di lavoro a farsi vaccinare se sono esposti a un rischio biologico.