Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 15 luglio 2024, n. 6357
Presidente: De Felice - Estensore: Toschei
FATTO E DIRITTO
1. Il presente giudizio in grado di appello ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sez. I, 2 aprile 2021, n. 291 con la quale il predetto T.A.R. ha respinto il ricorso (n.r.g. 886/2009) proposto dalla società Daytona s.r.l. al fine di ottenere l'annullamento della determinazione dirigenziale del Comune di Santa Margherita Ligure 197/58/prat. n. 280, in data 3 luglio 2009, con il quale il dirigente dell'Area 4 del predetto comune ha respinto l'istanza di sanatoria ex art. 32 l. 326/2003, a suo tempo presentata dal signor Pierpaolo P., relativa alla realizzazione di un vano ad uso residenziale posto al piano seminterrato di fabbricato ubicato nel ridetto comune, ordinandone contestualmente la demolizione.
2. La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dall'odierna parte appellante (posto che il Comune intimato non si è costituito né in primo grado né nel corso del presente giudizio di appello) nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
- con riferimento all'immobile di proprietà della società Daytona s.r.l. cui si riferisce il presente contenzioso, nell'anno 2004 il proprietario dell'epoca presentava al Comune di Santa Margherita Ligure una domanda di condono edilizio, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 326 (recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), per sanare l'avvenuto ampliamento di un locale nel quale si trovava la cucina (al piano terreno della villa di due piani);
- riferisce la odierna società appellante che l'ampliamento era stato effettuato svuotando il terrapieno con il quale la cucina confinava e che era sottostante una terrazza al livello del primo piano. Ancor più nello specifico la società puntualizza che il locale cucina era interrato ma aveva un proprio accesso diretto verso l'esterno attraverso una porta-finestra, che dava aria e luce ed un accesso interno che lo collegava con la sala da pranzo, al piano terra della villa;
- la società appellante riferisce ancora che nell'ampliamento realizzato con lo scavo nel terrapieno era stata ricavata "una stanza destinata a sauna/palestra con annesso piccolo locale w.c., oltre che un piccolo ripostiglio sotto la scala di collegamento tra il giardino ed il soprastante terrazzo" e tale puntualizzazione, testualmente, era riprodotta dall'allora proprietario nella domanda di condono edilizio (versata in atti);
- la domanda di sanatoria veniva accolta solo parzialmente e limitatamente al piccolo ripostiglio collocato sotto la scala esterna di accesso al terrazzo, mentre non era condivisa dall'amministrazione la richiesta di condono afferente all'ampliamento costituito dalla "sauna-palestra";
- l'odierna appellante riproduce in tal modo la motivazione del provvedimento del 3 luglio 2009 con il quale il Comune di Santa Margherita Ligure ha parzialmente negato il condono per come richiesto dal precedente proprietario della villa: «a) le volumetrie richieste in condono sono state realizzate parzialmente fuori del profilo preesistente del terreno ed in particolare sono state effettuate in avanzamento rispetto al fronte del muro originario; b) l'intervento non risulta conforme alla normativa urbanistica vigente sul territorio comunale della zona in cui lo stesso ricade, art. 51 - zone di completamento "PB" - delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale. Si tratta di maggiorazione volumetrica non consentita poiché un ampliamento volumetrico sul patrimonio edilizio esistente, senza asservimento di indice di fabbricabilità, è ammesso un'unica volta, nel rispetto delle distanze come previste per le nuove costruzioni. Nella fattispecie quanto sopra è stato già realizzato, in sede di ristrutturazione del fabbricato abitativo principale, con concessione edilizia n. 5481 dell'11 giugno 1999, P.E. 97-083; c) conflitto con la normativa di condono, art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, ed art. 4, comma 1, l.r. n. 5 del 29 marzo 2004, poiché l'opera, per le sue caratteristiche, manufatto non completamente interrato posto al di fuori ed in avanzamento rispetto alla morfologia originaria del terreno e del fabbricato, costituisce nuova volumetria realizzata, come da dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà allegata all'istanza, in data 15 dicembre 2002. Nella legge regionale viene infatti stabilito che non possano essere oggetto di provvedimento abilitativo le volumetrie realizzate in epoca posteriore al 1° settembre 1967, in zone sottoposte a vincoli paesaggistico ambientali, le quali necessitino di specifica autorizzazione paesaggistica, qualora non siano conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
3. Con riferimento alle osservazioni oppositive illustrate dall'amministrazione nel parziale diniego di condono, la società Daytona segnala che:
- l'ampliamento della superficie residenziale al piano terra era stato effettivamente effettuato, nel 2002, utilizzando il terrapieno esistente sotto l'ampio terrazzo del primo piano, ma senza alcuno spostamento del muro che, a valle, sosteneva e delimitava il terrazzo;
- detto muro era stato sì leggermente spostato a valle, per una ampiezza pari a meno di un metro, ma questo era accaduto in occasione della ristrutturazione dell'intera villa nel corso della quale si era reso necessario ricostruire il muro a monte che sosteneva la via pedonale comunale "Buonincontri" e che era, da anni, parzialmente crollato;
- inoltre tra i due muri (quello a monte e quello a valle) era contenuto il terrapieno sulla sommità del quale, al livello del primo piano, nel corso della ristrutturazione era stato approvato e realizzato il terrazzo al quale si accedeva dal primo piano e da una scala esterna;
- l'ampliamento volumetrico, oggetto della istanza di condono edilizio, era stato pertanto effettuato per intero in interrato, senza alcuno spostamento del muro a valle, in un piano che, esso sì, era semi-interrato;
- il leggero spostamento del muro a valle, che non aveva determinato alcun aumento di volume o di superficie, non era (né è) mai stato contestato dal comune, evidentemente per la modestia di tale intervento.
4. La società Daytona s.r.l., una volta divenuta proprietaria dell'edificio nel 2005, in pendenza del procedimento avviato con l'istanza di condono presentata dal precedente proprietario, una volta adottato il provvedimento di parziale diniego di condono con ordine di demolizione delle opere abusive, ha impugnato il provvedimento comunale dinanzi al T.A.R. per la Liguria.
Con il ricorso la società ha sollevato 4 motivi di censura, il primo avverso l'intervenuto parziale diniego di sanatoria e gli ulteriori tre volti a sostenere la illegittimità dell'ordine di demolizione.
Nello specifico:
- in primo luogo ha dedotto "Eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e carenza di istruttoria. Violazione di legge", in quanto non sarebbe vero che i locali oggetto di condono siano fuori del profilo del terreno preesistente e tale circostanza non è stata neppure oggetto di accertamento istruttorio da parte degli uffici comunali procedenti. In ogni caso, i nuovi volumi sarebbero condonabili anche in zona vincolata e non vi sarebbe contrasto con la disciplina urbanistica, considerato anche che la sanatoria è accordabile anche per le opere non conformi al P.R.G. in zona vincolata, circostanza neppure valutata dal comune sotto l'aspetto della compatibilità paesaggistica delle opere realizzate;
- in secondo luogo, con riferimento alla parte del provvedimento di parziale diniego di sanatoria con cui si dispone la demolizione delle opere realizzate e non sanabili, sono stati censurati i seguenti aspetti: a) tale parte del provvedimento impugnato deve annullarsi perché affetta da illegittimità derivata dall'illegittimo parziale diniego di sanatoria; b) l'ordine di demolizione non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento; c) l'amministrazione, comunque, avrebbe dovuto indicare criteri e modalità diretti a ricostruire l'originario organismo edilizio.
Il T.A.R. per la Liguria con la sentenza 2 aprile 2021, n. 291 ha respinto il ricorso proposto.
5. Propone quindi appello la società Daytona s.r.l. nei confronti della sentenza n. 291/2021, prospettando due complesse traiettorie contestative - riferite, la prima, alla asserita illegittimità del parziale diniego di condono e, la seconda, nei confronti dell'irrogata sanzione demolitoria - che possono sintetizzarsi come segue:
I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 269/2003, convertito in l. 326/2003. Travisamento della situazione di fatto e dei motivi dedotti. Insufficiente ed illogica motivazione. Nel contestare il provvedimento comunale impugnato, già nel corso del primo grado di giudizio, la società odierna appellante aveva sottolineato come l'ampliamento oggetto della domanda di sanatoria attenesse ad un locale "totalmente interrato", tenuto conto che non trovava riscontro quanto affermato nel corso del procedimento in cui è stata scrutinata la domanda di condono dalla commissione edilizia di avere appurato che i due locali abusivi oggetto dell'istanza fossero "parzialmente fuori terra". Pertanto nessuna rilevanza al fine di negare la sanatoria poteva assumere la circostanza che la zona ove si trova l'immobile fosse vincolata, dal momento che nessuna incidenza pregiudizievole sulla bellezza naturale tutelata derivava da un abuso edilizio - oggetto della domanda di sanatoria - totalmente interrato e ciò quand'anche il locale in questione fosse stato parzialmente fuori terra, anche perché l'area era edificabile e dotata di indice fondiario (0,20 mc./mq.) e quindi conforme al vigente P.R.G. Consegue a ciò che quanto affermato dal primo giudice va ritenuto errato, perché per le caratteristiche del locale ove si è realizzato l'intervento edilizio oggetto della richiesta di sanatoria non si rendeva necessaria alcuna valutazione di compatibilità paesaggistica stante la non rilevanza esterna delle opere. La consistenza dell'aumento di superficie, poi, non rileva circa la riconduzione delle opere nella categoria di quelle "minori" o meno, proprio per la loro caratteristica di attenere a locali interrati;
II) con riferimento all'ordine di demolizione esso si palesa illegittimo per invalidità derivata. Ad ogni modo sussistono anche vizi propri dell'atto perché: a) era necessaria la tempestiva comunicazione dell'avvio del procedimento; b) esso dispone il ripristino dello "stato antecedente dei luoghi mediante la demolizione del vano ad uso residenziale posto al piano seminterrato del fabbricato", senza aver considerato che nel locale interrato insiste un terrapieno.
6. Come nel giudizio di primo grado, anche nel presente giudizio di appello ha ritenuto di non costituirsi il Comune di Santa Margherita Ligure.
Nel corso del processo d'appello la società appellante ha depositato una ulteriore memoria con la quale ha reiterato le proprie deduzioni e confermato le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.
7. Con il primo motivo di appello la società Daytona mette in risalto, contestandone la correttezza, la decisione del primo giudice di voler ritenere legittima la decisione assunta dal Comune di Santa Margherita Ligure di non avere accolto la domanda di condono edilizio presentata dal precedente proprietario dell'immobile in questione, nella parte in cui si era chiesta la sanatoria della superficie realizzata con lo scavo nel terrapieno grazie al quale era stata ricavata "una stanza destinata a sauna/palestra con annesso piccolo locale w.c., oltre che un piccolo ripostiglio sotto la scala di collegamento tra il giardino ed il soprastante terrazzo", poiché l'immobile si trova in zona vincolata e il c.d. terzo condono non consente la sanatoria di interventi edilizi ricadenti in aree protette dal punto di vista paesaggistico. Tale interpretazione delle norme sulla sanatoria del 2003 non possono peraltro trovare, ad avviso dell'appellante, nel caso in cui non vi sono compatibilità paesaggistiche da considerare e ciò in quanto il locale è interrato.
Il motivo di doglianza sopra sintetizzato non può essere condiviso.
La giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., tra le ultime, C.d.S., Sez. VI, 12 dicembre 2023, n. 10697) è costante nell'affermare che, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella l. 24 novembre 2003, n. 326, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima dell'imposizione del vincolo, che esse siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria). Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato (cfr., ancora, C.d.S., Sez. VI, 15 novembre 2022, n. 9986).
Ne deriva che, a prescindere dalla natura relativa o assoluta del vincolo paesaggistico insistente sull'area, nonché dal contrasto con gli strumenti urbanistici, l'opera abusiva non è sanabile con la procedura del c.d. terzo condono, più restrittiva rispetto alla disciplina dettata per i due condoni legislativi precedenti, tenuto conto che nella specie, per il tipo di intervento edilizio realizzato e per la superficie in ampliamento creata, l'opera non è riconducibile alla categoria delle c.d. opere minori "sanabili" di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 al d.l. 269/2003 (convertito in l. 326/2003), che sono caratterizzate da assenza di aumento di superficie e dalla mancanza di creazione di nuova volumetria.
L'applicabilità della sanatoria, nelle aree sottoposte a vincolo, alle sole opere di restauro o risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici è stata poi confermata anche dalla costante giurisprudenza penale, secondo cui: "in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono previsto dall'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 (convertito, con modificazioni, dalla l. n. 326 del 2003) è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del citato d.l. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l'area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici" (cfr., tra le molte, Cass. pen., Sez. III, 20 maggio 2016, n. 40676).
Le disposizioni citate sono state oggetto di diverse pronunce della Corte costituzionale, che hanno confermato che il condono edilizio di cui al d.l. 269/2003 è caratterizzato da un ambito oggettivo più circoscritto rispetto a quello del 1985, in conseguenza dei limiti ulteriori contemplati dal comma 27 dell'art. 32, i quali "si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985" (cfr., in termini, Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196) "e non si possono considerare racchiusi nell'area dell'inedificabilità assoluta" (cfr. Corte cost., ord. 8 maggio 2009, n. 150).
In particolare, la pronuncia n. 181 del 2021 la Corte costituzionale ha affermato che "(s)ull'ambito oggettivo di applicazione del terzo condono (che era stato già definito nella sentenza n. 196 del 2004), questa Corte ha confermato che costituiscono vincoli preclusivi della sanatoria anche quelli che non comportano l'inedificabilità assoluta (ordinanza n. 150 del 2009). In particolare, ha precisato che il richiamo alla precedente distinzione tra inedificabilità relativa ed assoluta contenuta negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985 viene effettuato al solo fine di coordinare la vecchia disciplina della sanatoria con quella sopravvenuta, mentre non risulta dirimente nella definizione dell'ambito oggettivo del condono del 2003 che viene in discussione in questa sede; aggiungendo, poi, che il condono di cui al d.l. n. 269 del 2003 è caratterizzato da un ambito oggettivo più circoscritto rispetto a quello del 1985, per effetto dei limiti ulteriori contemplati dal precitato comma 27, i quali si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985 (sentenza n. 196 del 2004) e non sono racchiusi nell'area dell'inedificabilità assoluta (ordinanza n. 150 del 2009)".
In ragione di quanto sopra tutti i profili di contestazione rivolti alla sentenza di primo grado e al provvedimento principalmente impugnato, nella parte in cui è stato parzialmente denegato il richiesto condono edilizio, così come illustrati dalla società Daytona s.r.l. nel primo motivo di appello, possono ritenersi infondati.
8. Va aggiunto a quanto sopra che, per la interpretazione piana del dato letterale che si rinviene dall'esame delle norme condonistiche sopra richiamate, la circostanza che l'area sia o meno interrata non incide sulla tranciante imposizione del legislatore che esclude la sanabilità in area vincolata di interventi edilizi che abbiano creato superfici.
La ineluttabilità di tale interpretazione incide sia sulla decisione che l'amministrazione deve assumere (e nella specie ha assunto) con riferimento alla richiesta di condono edilizio sia con riguardo alle conseguenti imposizioni sanzionatorie che non possono essere diverse dall'ordine di ripristinare il manufatto nello stato precedente alla realizzazione dell'intervento edilizio non sanabile, non residuando alcun margine di discrezionalità in capo all'amministrazione circa le conseguenze del diniego di condono (cfr., sul punto, C.d.S., Sez. VI, 23 novembre 2023, n. 10062).
Da qui l'infondatezza anche del secondo motivo di appello.
9. Dalle sopra espresse considerazioni il ricorso in appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.
La mancata costituzione in giudizio del Comune di Santa Margherita Ligure (anche) nel giudizio di appello esenta il Collegio dalla decisione sulle spese del presente grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello (n.r.g. 9218/2021), come indicato in epigrafe, lo respinge.
Nulla per le spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Liguria, sez. I, sent. n. 291/2021.